La bellezza salverà il mondo, dicono, e prima o poi, anche se ormai si fa fatica a crederci, forse succederà davvero. Nel frattempo, per sciogliere il gelo delle nostre inquietudini e solitudini quotidiane, speriamo nell’arrivo rincuorante di piccole quotidiane salvezze.

Il più delle volte sono le parole delle poesie.

Mai come ora, che il mondo si è fermato ad aspettare.

Ma anche le immagini possono essere poesie, come quella del “Punto Azzurro Pallido”. Il nome originale con cui è conosciuta è “Pale Blue Dot”. È una fotografia del pianeta Terra scattata dai confini del sistema solare, da una distanza di circa sei miliardi di chilometri, dalla sonda Voyager 1. Risale esattamente a trenta anni fa, al 1990.

Quel puntino perso nell’universo, sulla scia di un riflesso di luce solare, siamo noi. In uno spazio minuscolo, che occupa meno di un pixel, c’è tutto il nostro agitarci, c'è tutto quello che abbiamo costruito e distrutto, tutta la nostra storia, dal momento più lontano che riusciamo a immaginare a quello più vicino, dai dinosauri agli umanoidi hi-tech.

Appariamo piccoli e innocenti perché da quella distanza non si vedono tutti i nostri errori, le violenze, le guerre, gli sfruttamenti e gli stravolgimenti dell'ecosistema, errori per i quali la natura inizia a chiederci il conto. Tante volte, nel tempo, gli eventi ci hanno trasformato e anche ora, dopo questa primavera 2020, le nostre esistenze cambieranno. Eppure, visti dal cosmo profondo, resteremo sempre lo stesso piccolo pianeta azzurro pallido.

Ma tornando a trent'anni fa, la Voyager fotografò anche Venere, Giove, Saturno, Urano e Nettuno. In pratica realizzò un “Ritratto di famiglia” dei pianeti che compongono il sistema solare, a sua volta solo un punto dell’immensa Via Lattea, la galassia bianco opalescente che ci ospita, tra miliardi e miliardi di stelle. Mercurio non fu fotografato a causa della sua vicinanza al Sole mentre Marte non risulta visibile per gli effetti della luce sulle ottiche della fotocamera.

Quattro anni dopo l’astronomo e divulgatore scientifico Carl Sagan scriveva, a proposito di tutto questo, parole molto belle, che stanno alla poesia come una preghiera laica alla religione. Una preghiera a rovescio, che parla anche di cielo ma non si rivolge al cielo né a esseri soprannaturali. Si rivolge agli uomini, sulla terra.

Da questo distante punto di osservazione, la Terra può non sembrare di particolare interesse. Ma per noi, è diverso. Guardate ancora quel puntino. È qui. È casa. È noi. Su di esso, tutti coloro che amate, tutti coloro che conoscete, tutti coloro di cui mai avete sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la propria vita. L'insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di religioni, ideologie e dottrine economiche, così sicure di sé, ogni cacciatore e raccoglitore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e plebeo, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre, figlio speranzoso, inventore ed esploratore, ogni predicatore di moralità, ogni politico corrotto, ogni "superstar", ogni "comandante supremo", ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie è vissuto lì, su un minuscolo granello di polvere sospeso in un raggio di sole. La Terra è un piccolissimo palco in una vasta arena cosmica.

Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori affinché, nella gloria e nel trionfo, potessero diventare per un momento padroni di una frazione di un puntino. Pensate alle crudeltà senza fine inflitte dagli abitanti di un angolo di questo pixel agli abitanti scarsamente distinguibili di qualche altro angolo, quanto frequenti le incomprensioni, quanto smaniosi di uccidersi a vicenda, quanto fervente il loro odio. Le nostre ostentazioni, la nostra immaginaria autostima, l'illusione che noi abbiamo una qualche posizione privilegiata nell'Universo, sono messe in discussione da questo punto di luce pallida. Il nostro pianeta è un granellino solitario nel grande, avvolgente buio cosmico. Nella nostra oscurità, in tutta questa vastità, non c'è alcuna indicazione che possa giungere aiuto da qualche altra parte per salvarci da noi stessi.

La Terra è l'unico mondo conosciuto che possa ospitare la vita. Non c'è altro posto, per lo meno nel futuro prossimo, dove la nostra specie possa migrare. Visitare, sì. Colonizzare, non ancora. Che ci piaccia o meno, per il momento la Terra è dove ci giochiamo le nostre carte. È stato detto che l'astronomia è un'esperienza di umiltà e che forma il carattere. Non c'è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo. Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l'uno dell'altro, e di preservare e proteggere il pallido punto blu, l'unica casa che abbiamo mai conosciuto.