Da quando ci siamo giocati il paradiso terrestre, abbiamo perso ogni possibilità di rimanere incorruttibili di fronte al tempo e alle malattie. L'uomo ha avuto da sempre il desiderio, attraverso le conoscenze scientifiche, di manipolare il corpo umano affinché si potessero creare dei “pezzi di ricambio” sostituibili (trapianti) in caso di perdita funzionale. Qualora fallisse il patto col diavolo come fece Dorian Gray, o la creazione di un “essere” chimerico costruito con parti provenienti da origini differenti come il Frankenstein della fantasiosa Shelley, allora si dovrà ricorrere alla biotecnologia.

Da molti anni in Italia si sente parlare di cellule staminali da impiegare per la cura, o quantomeno per il rallentamento dei processi degenerativi patologici del sistema nervoso, oltre che nella rigenerazione dei tessuti danneggiati. In questo sollevarsi di interessi su una scoperta con potenzialità enormi la comunità scientifica, e ovviamente l'industria farmaceutica, inizia a focalizzare la sua attenzione. L'Italia ha posto il veto assoluto di operare estrazioni di cellule staminali da embrioni umani, e consente solo il prelievo di quelle contenute nei cordoni ombelicali.

Alcuni anni fa una fondazione italiana ha annunciato che nella sua struttura si potevano utilizzare cellule staminali mesenchimali al posto delle embrionali, bypassando così tutte le problematiche morali e legislative. Il caso ha avuto risonanza internazionale, ma gran parte del mondo scientifico non ha visto di buon occhio questa pratica: articoli sulla stampa specializzata americana contestano il GMP (good manufacturing practice), la poca chiarezza dei protocolli, e la formazione curricolare universitaria del responsabile del progetto. Anche il premio Nobel per la Medicina, Shinya Yamanaka, che è pure presidente della Società internazionale per la ricerca sulle cellule staminali, ha espresso una certa preoccupazione per la decisione del governo italiano di autorizzare l’uso sui pazienti di una terapia non provata a base di staminali mesenchimali.

Tralasciando le naturali contestazioni tra chi afferma di aver trovato beneficio in queste cure e la comunità scientifica che ne è perplessa, è chiaro che l'interesse sulla potenzialità di questa tipologia di cellule è ai massimi livelli, e gli studi da condurre per avere delle risposte certe sono e saranno ancora molti. Diverse industrie farmaceutiche e cosmetiche hanno quindi dirottato su un altro sistema cellulare presente in natura che mostra la stessa potenzialità rinnovativa delle cellule staminali, cioè sul complesso cellulare staminale meristematico proprio del mondo vegetale.

Alcune note di biologia a questo punto sono necessarie: le cellule staminali animali sono quelle cellule presenti sia nell'embrione, che sotto dettatura genomica evolveranno in tessuti e quindi in organi differenziati (s. embrionali), che in tessuti adulti, e comunemente prelevate dal midollo osseo: per questo sono spesso chiamate cellule stromali del midollo osseo. Normalmente generano le ossa, le cartilagini e le cellule mesenchimali (s. mesenchimali). Queste cellule, tipicizzate dal fatto che sono indifferenziate, hanno la potenzialità di trasformarsi in cellule differenziate. Parallelamente nel mondo vegetale esistono cellule staminali con le stesse caratteristiche di conservare una latenza di differenziazione: queste si dicono meristematiche e si trovano come cellule in attesa di evolvere, nelle gemme apicali e nell'apice radicale, principalmente. Tali cellule vanno in quiescenza nei periodi “difficili” dell'anno per la pianta e sotto la stimolazione opportuna (ormonale) mettono in moto i loro meccanismi biochimici trasformandosi in cellule tissutali per fusto, foglie, fiori e radici.

L'idea, che è stata messa in pratica da alcune industrie cosmetiche, prevedeva la possibilità che queste cellule totipotenti, apportate a un tessuto cutaneo umano, stimolassero le staminali mesenchimali quiescenti per l'età a ridifferenziarsi e produrre nuove e giovani cellule del derma, e restituire alla pelle il turgore e la bellezza di una pelle giovane. Il mercato, come si può ben comprendere è stato sollecitato da questa novità, ma un poco alla volta il flusso di vendita e quindi di produzione è calato, poiché sono state messe in dubbio le effettive capacità di una cellula vegetale di interferire con una cellula animale.

Ciò che invece era da tenere in considerazione e quindi da sviluppare, è che le coltivazioni in vitro di cellule meristematiche può dare luogo a produzioni elevatissime di polifenoli i quali, una volta estratti possono avere il loro campo di applicazione nelle creme cosmetiche come antiossidanti. Questa sì poteva essere una via applicativa scientificamente supportabile. Il fatto importante che comunque se ne deve dedurre è che l'essere umano non potrà attingere al Sacro Graal della vita eterna, ma che la fiducia nello sviluppo scientifico potrà sicuramente portare alla scoperta di fattori biologici che possono alleviare le malattie, fino alla speranza di creare farmaci chimerici costruiti per selezionare le cellule da eliminare, attraverso la loro coniugazione con anticorpi, o proteine, o frammenti proteici che legandosi ai recettori di membrana possano svolgere la loro azione terapeutica camuffati da normali fattori cellulari. Questo è il sogno di tutti e questo dovrà essere in ogni modo agevolato da una oculata e generosa offerta a sostegno della ricerca scientifica che operi in modo chiaro, trasparente, corretto ed etico.