z2o Sara Zanin Gallery è lieta di presentare la prima mostra personale di Krištof Kintera negli spazi della galleria, dopo la partecipazione alle collettive Hidden Beauty (2018), a cura di Marina Dacci, e You Got To Burn To Shine, a cura di Teresa Macrì presso La Galleria Nazionale, e la sua partecipazione all’edizione di quest’anno della Triennale di Milano.

Il titolo della mostra, No One Has Nothing, ha un ruolo significativo nella comprensione dell’universo delineato da Kintera e riflette il suo processo artistico. L’Arte deve comunicare in maniera semplice e diretta per costruire un universo di segni che diventano delle dichiarazioni artistiche. Attraverso un intervento site-specific realizzato nello spazio della galleria, Kintera espone sculture, installazioni e tavole in legno in cui l’uso di materiali recuperati dalla realtà quotidiana ben rappresenta l’infinità varietà e capacità dell’artista di dare vita ad oggetti apparentemente inanimati.

La ricerca di Krištof Kintera si colloca nel solco tracciato dal tema del “post-naturale” per dare vita ad una complessa interrogazione sociale e politica sul nostro tempo, mossa dalla speranza di sollecitare consapevolezza su questioni di grande attualità. Nella cosiddetta “età del rame”, basata sulla trasmissione di energia e informazioni, la natura è paragonata dall’artista a un enorme sistema nervoso e viene ricreata attraverso l’utilizzo di materiali di scarto che costituiscono il nostro habitat quotidiano para-naturale.

Kintera investiga ogni possibilità del mezzo scultoreo e dell’installazione impiegando materiali ed elementi disparati. Utilizzando approcci differenti e passando da un materiale all’altro, da un tema all’altro e realizzando sia progetti site-specific su larga scala che progetti più semplici su piccola scala, l’artista reinventa un lessico composto da immagini utopiche e distopiche che si riferiscono ad un universo sul punto di collassare. Dotato di un punto di vista ironico e tagliente, Kintera svela i traumi comuni e osserva la nostra attitudine e la nostra reazione ad essi.

Chi siamo? Dove stiamo andando?

La mostra è una provocazione, uno stimolo che conduce con leggerezza e ironia a interrogarsi su questioni profonde. Il titolo stesso è paradigmatico: è quello che possediamo a definire la nostra identità oppure ciò che siamo capaci di conservare, trasmettere e condividere della nostra esperienza più intima?

La prima sala è un’ancora, una centrifuga pop che attrae il passante nello spazio della galleria. La musica è sincopata, governa luci intermittenti dialogando con sculture e cartelli/manifesto presentati in modo volutamente disordinato come in un quaderno di appunti. Immagini fumettistiche e slogan “adolescenziali” ammiccano al visitatore: veri e propri morsi nella polpa della ricerca di Kintera. La parola umiltà assume un ruolo centrale: svolazza sulla bandiera bianca che apre la seconda sala e modestia fa l’occhiolino da una tavola posizionata nel passaggio tra due ambienti. Umiltà e modestia come attitudini giocano bizzarramente con un recinto di metallo divelto: protezione e insieme barriera. Emblematico il titolo della silhouette umana che si staglia al di là della barricata: I wanna go home, take off this uniform and leave the show: sottrarsi o stare nella mischia? Cercare una strada è possibile…

Nella terza sala si materializza un’enorme torre di cuscini ma pure un tappeto volante, presupposti, ancora una volta, di scelte dicotomiche: insonnia e sonno della mente oppure possibilità di volare “oltre” con consapevole leggerezza, come in un racconto de Le Mille e una Notte in cui lo skyline è già post-naturale e la candida neve è sporca degli avanzi della nostra cultura.

Kintera conferma con questa mostra la sua volontà di investigare su ogni possibilità del mezzo scultoreo e dell’installazione nei progetti site specific, su larga e piccola scala, impiegando materiali ed elementi eterogenei e spesso di scarto, reinventando con ironia e amarezza un lessico utopico e distopico su un universo in procinto di collassare, mosso dalla speranza di sollecitare consapevolezza su questioni etiche e sociali di grande attualità.