Nella mostra“Botticelli, Della Robbia, Cigoli. Montevarchi alla riscoperta del suo patrimonio artistico” la dimensione delle nove tele esposte, che è possibile ammirare fino al 28 aprile, è la prima cosa che colpisce, insieme con l’ambientazione in un favoloso Palazzo Pretorio, restaurato così da trasmettere in verticale a ogni piano la luce del lucernario. Gli autori appartengono ad un arco temporale di circa tre secoli, fra la fine del 400 e la fine del 700. Per la dimensione e i soggetti raffigurati si capisce che le tele sono pale d’altare e quindi viene spontaneo pensare alla potenza della Chiesa in quell’area, in posizione strategica di collegamento fra il Nord e la città eterna. Si è voluto raccogliere qui quadri realizzati da pittori locali o da famosi pittori, questi ultimi chiamati appositamente da chiese e conventi che costellavano il territorio, ad eseguire opere a gloria della Chiesa.

A disperdere queste opere furono leggi di confisca dei beni ecclesiastici- nel granducato di Toscana emanate già dal 1786- seguite dall’editto napoleonico agli inizi dell’800 e, a metà del secolo, da confische del giovane regno d’Italia.
Il più illustre dei quadri esposti, l’Incoronazione della Vergine di Sandro Botticelli, olio su tavola, di grandi dimensioni, presumibilmente realizzata tra il 1498 e il 1508 per l’altare maggiore della chiesa francescana di San Ludovico, patrono di Montevarchi scomparve ai primi del XIX secolo, a seguito della soppressione napoleonica dei beni ecclesiastici, dalla chiesa di San Ludovico (ora Sant’Andrea a Cennano). ed in seguito a varie vicissitudini è oggi custodita a Villa La Quiete a Firenze. L’impostazione e lo stile sono senza dubbio legati alla pittura matura del Botticelli. Basti vedere la ricchezza e la finezza dell’abito del San Ludovico,, o la dolcezza del profilo della Santa Caterina d’Alessandria. In altre parti della tavola si ha un cambio di stile, che induce a ritenere che, insieme al Maestro, la tavola sia stata realizzata dagli allievi della sua bottega.

L’mponente Miracolo della mula di Giovanni Martinelli (Montevarchi 1600 – Firenze 1659), uno degli artisti più affascinanti ed enigmatici della pittura del Seicento, è stato realizzato nel 1632 probabilmente proprio a Montevarchi con il pittore “suggestionato da ciò che il territorio gli suggeriva”.

Notevole la prova d’artista della pittrice Violante Siries Cerroti (Firenze 1710 – 1783). San Francesco, dipinto nel 1765 per l’altare del santo nella chiesa di San Ludovico, è una rappresentazione di inaspettata modernità che solo in tempi recenti è stato possibile attribure a lei, perché nei documenti antichi l’autore del dipinto era indicato come “Sig. Cerroti”, ovvero suo marito. La pittrice operava a Firenze tra la corte degli ultimi Medici e i Lorena.

Il miracolo di Sant’Antonio taumaturgo di Mattia Bolognini (Montevarchi 1605 - Siena 1667), ci racconta una storia di devozione: una congregazione di devoti del Santo, che usavano raccogliersi nella chiesa della Madonna del Latte a Montevarchi edificarono un secondo altare dedicandolo al Santo e regalando alla chiesa la pala in suo onore. Mattia Bolognini si è dipinto nell’angolo inferiore sinistro della tela, indicandoci, con un atteggiamento totalmente laico, la scena di devozione da lui dipinta.

Unica statua in Mostra,, un Luca della Robbia il giovane, che usa per la tonaca del santo il marrone in modo preponderante, distaccandosi dalla scelta cromatica usuale.

Fare una visita a questa prestigiosa mostra comporta anche visitare un territorio. Montevarchi cittadina fiorente, conserva una struttura lineare risalente ai Romani. Nobile la piazza dalla quale si accede al Palazzo Pretorio, sede della Mostra. Quando si parla di museo diffuso per molte aree d’Italia, si intende proprio la possibilità di leggere, nei piccoli centri, la storia passata, che ha raggiunto punte insospettate di opulenza e bellezza, tanto da produrre opere d’arte eccelse. E’ meritorio concepire delle mostre, come questa, che ambientano le opere d’arte nel territorio in cui sono state create, e che permettono di comprenderle molto più di quando si vedono in una sala di famosi musei, nei quali sono state raccolte per vicende storiche le più varie. Pur conservando un valore di intrinseca bellezza, perdono le informazioni legate alla loro genesi. Se le vedessimo nei luoghi in cui sono state create ( purché non distrutti da eventi bellici ), saremmo in grado di leggere nell’ambiente circostante il contesto storico e sociale dal quale hanno avuto origine.