Si migliorano gli standard di razza, si selezionano cani più sani. Con l’inseminazione artificiale da seme congelato, molto simile a quella umana, l’eredità genetica di super campioni si può perpetuare anche dopo la morte. Ma c’è anche una percentuale di pet di famiglia che i genitori bipedi non tollerano di perdere per sempre.

Il comitato di benvenuto è composto da una quindicina di cani di varie razze e dimensioni, in festoso abbaiare. Spiccano nel gruppo degli enormi Irish Wolfhound, i levrieri irlandesi. Il più grande, 90 chili, mi prende in simpatia e decide di farsi coccolare appoggiandosi a me. Basta essere preparati... Donnerhal, così si chiama il gigante, è nato con l’inseminazione artificiale da seme congelato. La sua proprietaria, Ludovica Salamon, è un’allevatrice di questa razza, ma soprattutto è una veterinaria specializzata nella riproduzione del cane, pioniera del settore in Europa. Nel suo ambulatorio vicino a Pavia, accanto all’Oasi faunistica di Sant’Alessio, da cui provengono trilli e cinguettii, gestisce per conto dei suoi clienti italiani e stranieri una banca del seme congelato. Lo sperma di quasi mille cani viene conservato in tubicini sottili e vive all’interno di bidoni di azoto liquido a meno 194 gradi, che va rimboccato ogni tre settimane per contrastare l’evaporazione.

Siamo in un centro CLONE, acronimo per Cryo-genetic Laboratory of New England, nome del primo laboratorio dove questa tecnica è stata messa a punto, negli Stati Uniti. «L’unico sistema al mondo con una statistica concreta basata su grandi numeri e su differenti razze, sviluppato da George Govette, già negli anni Ottanta. Negli Usa ci sono in media due centri in ogni stato, mentre in Europa siamo ancora in pochi», spiega Ludovica Salamon.

In Italia, Giovanni Ballarini, dell’Università di Parma, ne parlava già più di trenta anni fa nel suo saggio L’animale tecnologico (Calderini, 1983), prefigurando gli scenari futuri. Una pratica, in atto per molti animali domestici, che il grande etologo Danilo Mainardi considerava parte della sfera attinente all’addomesticamento, ovvero un percorso evolutivo dipendente dalla cultura umana, nella quale sono incluse le biotecnologie. La congelazione del seme, poi risvegliato e potenziato da un diluitore, consente una percentuale di successo dell’87 per cento, più alta di quella che si riscontra con la monta naturale. I bidoni con l’azoto liquido, con le loro fiale di sperma, espletate complesse pratiche burocratiche, volano verso la destinazione, a volte dall’altra parte del mondo, dove una quattrozampe, dopo l’opportuno trattamento prevalentemente per via endoscopica, diventerà madre, se tutto va bene. C’è sempre la possibilità che qualcosa non funzioni. E questo nonostante visite e controlli, proprio come può succedere a una gestante umana. Uomini e cani condividono spesso lo stesso problema di infertilità, maschile e femminile, con i suoi corollari.

«Ne sono colpite soprattutto alcune razze, in particolare quelle giganti. L’inseminazione artificiale può essere una soluzione, ma viene usata soprattutto per migliorare gli standard di razza e controllare i rischi di consanguineità, senza stressare gli esemplari con lunghi spostamenti. A me si rivolgono soprattutto allevatori seri, attenti alla qualità e non alla quantità. La riuscita è più facile con Labrador, Beagle, Rottweiler e Lagotti», specifica Salamon. In Australia, in questi giorni, è nata una cucciola concepita con il seme di uno dei levrieri dell’allevamento. La crioconservazione permette di diventare padri in “differita”. Per non perdere la linea di sangue di uno stallone eccezionale è frequente che ne venga conservato lo sperma, per utilizzarlo anche dopo la sua scomparsa (Donnerhal, per esempio, è nato dal seme di un cane già morto).

Proprio come contemplato pure per gli uomini, in particolare nei casi in cui gravi malattie mettono a rischio la fertilità degli individui. La differenza l’inseminazione artificiale umana e quella canina risiede in dettagli tecnici, più che nella sostanza. Anzi, a pensarci bene una differenza c’è. Nei cani il donatore è sempre noto, ogni tubicino è contrassegnato da nome, razza e numero di chip dell’esemplare, di solito un super campione vincitore di vari World Dog Show. Nel caso invece di donatore anonimo umano, si rispetta il vecchio assunto “mater semper certa est, pater numquam”. Insomma, sebbene sia stato pre-selezionato, non sai mai quello che ti capita, come con la scatola di cioccolatini di Forrest Gump.

L’inseminazione canina avviene tra soggetti sani, che sono stati valutati sotto l’aspetto genetico, morfologico e caratteriale. Secondo il codice etico dell’Enci (Ente nazionale della Cinofilia Italiana) devono aver fatto almeno una volta l’esperienza di una monta naturale, indispensabile per verificare le capacità e il profilo comportamentale. «Una garanzia di non costruire alcunché di innaturale in una linea allevata», sottolinea Danilo Mainardi. Una piccola percentuale dei cani coinvolti comprende quelli di famiglia, come nel caso recente di un rottweiler malato senza speranza. L’affetto del padrone è stato tale da spingerlo ad assicurarsi almeno una sua discendenza con un prelievo di seme. Nel giro di qualche mese sono nati dieci cuccioli. Un amore esagerato? Sono in molti a pensarlo, ma per capirlo bisogna avere dei cani. È questo inseguire la vita dopo la morte sia per gli uomini sia per gli animali, semmai, che può fare impressione, pur comprendendo la carica emotiva che accompagna tali scelte. I costi variano molto in base alla lunghezza del viaggio per i bidoni, al prezzo richiesto per il seme dal proprietario dello stallone, a meno che non si tratti di scambi, a tutte le spese veterinarie necessarie prima, durante e dopo. Una media dai mille ai tremila euro, con molte variabili.

Nell’ambito di questo matrimonio combinato a distanza, studiato a tavolino in base alle caratteristiche dei quattro zampe, esiste anche la tecnica del seme refrigerato, disponibile con un kit di più facile utilizzo, spesa minore e riuscita superiore, ma adatto solo a tratte brevi. C’è però chi preferisce essere più romantico. Secondo alcuni cacciatori un buon cane da caccia nasce da una coppia che ha avuto un’ottima prestazione di gara al mattino... Il famoso allevatore di cavalli purosangue Federico Teseo, sosteneva invece la teoria che i grandi campioni, come Ribot, nascono solo per amore. «Leggende», sorride Ludovica Salamon. E tutti i cani abbandonati o di strada? «Sono errori umani», nel senso che un’adeguata politica di controllo delle nascite eviterebbe queste situazioni spesso al limite dell’accettabile. Danilo Mainardi sosteneva che i meticci sono senza dubbio meglio adattati, sotto tanti punti di vista, a condurre una vita da animali domestici. I “criodog” probabilmente salveranno le rispettive razze, inseguendo la perfezione. Ma lasciare qualche piccolo difetto non potrebbe essere considerato un tocco di originale bellezza o perlomeno di saggezza?