C'era un uomo che nel 1910 capì che il suo mondo erano le rose, c'era un padre che lo accusò di essere un visionario incosciente, ma lui scelse comunque di intraprendere quel cammino e tra scienza e poesia creò delle rose sfidando le leggi della genetica; plasmò le loro dimensioni e i colori riuscendo a produrre delle miniature al limite della misura possibile, tant'è che gli chiedevano: "ma questa è una rosa?" e lui a forza di rispondere ogni volta “sì” dette questo nome alla rosa più piccola del mondo, la Rosa Sì.

Questo uomo si chiamava Pere Dot e fu il più famoso ibridatore di rose Catalano del XX secolo. In una piccola cittadina, Sant Feliu de Llobregat, poco distante da Barcellona, nacque e sperimentò Pere, diminutivo di Pedro Dot. Attorno agli anni '30 del secolo scorso, quando la Spagna era soffocata dal regime dittatoriale fascista di Franco, che impose misure restrittive sul commercio estero e il settore bancario era utilizzato per sovvenzionare le industrie nazionalizzate, mentre Picasso denunciava i delitti della guerra con il Guernica, il nostro ibridatore intraprese con estremo coraggio e determinazione una missione romantica, diremo, con un'idea progressista, moderna e democratica, la creazione delle ambasciatrici della nostra civiltà, le rose e non semplici rose, ma le miniature, simbolo fragile e umile contrapposto alla durezza e prepotenza del regime.

Lui, uomo della sfida, nel 1970, produsse la rosa “San Valentino” in un periodo storico che era ancora una volta in netta contrapposizione concettuale con la delicatezza della romantica rosellina rosa. Un periodo storico iniziato due anni prima, con le contestazioni, con la ribellione a un conformismo definito dai giovani di allora, ipocrita, con lo strappo tra arte e non arte del postmodernismo. Il fiore veniva usato come simbolo di pace per contrastare la guerra, pensiamo ai figli dei fiori, al Flower Power, al fiore gigante ripetuto a modulo nelle serigrafie di Andy Warhol, un fiore a 5 petali che potrebbe ricordare benissimo la rosa canina, ricordiamoci dello stilista Ken Scott, definito il giardiniere della moda, che inondava di fiori tessuti e parati per citarne alcune. Comunque, per quale motivo Dot chiamò questa rosa “San Valentino”?

In Spagna non si festeggia il santo protettore degli innamorati e patrono di Terni Valentino, la analoga festa spagnola si festeggia sulle ramblas dove una marea di banchetti di fiori inondano la via del passeggio, dove è abitudine che l'uomo regali una rosa alla donna e lei lo contraccambi con un libro: è la festa di San Jordì del 23 aprile, allora come mai dedicarla a un santo italiano? Non è stato possibile scoprirlo ad oggi, mi viene da pensare a un omaggio tutto italiano per i colleghi ibridatori che hanno segnato il 1900, distintisi per rigore e sistematicità dei loro metodi. Forse in memoria di quei Villoresi, Calvino, Aicardi, dei fratelli Giacomasso e poi di Mazzorati e Pallavicini. Un mondo in fin dei conti, quello della creazione di nuove rose, in cui l'Italia ha giocato un ruolo importante.

Le prime rose rifiorenti erano Damascene originarie dell'Italia. Inoltre, nella prima metà dell'800 esisteva nel nostro paese una coltivazione di rose cinesi, che si distinguevano per raffinatezza, che erano comprate dagli ibridatori francesi come base per la loro sperimentazione. Che ne è oggi delle rose Pere Dot e della bella “San Valentino” del 1970?

A Sant Feliu de Llobregat, nel parco di Torreblanca, si può ammirare il giardino di rose Dot, e un altro sito dove esiste la più grande collezione di rose degli ibridatori catalani è in Italia, nel Roseto botanico di Gianfranco e Carla Fineschi, nel quale, catalogate in modo tassonomico su 3 ettari circa di terreno, si contano oltre alle catalane, un totale di oltre 6000 varietà di rose, ed è lì, nel vivaio annesso, che si è riprodotta ed è pronta per il mercato la “San Valentino”.

Forse le rose spagnole sono poco conosciute per il fatto che la guerra civile e il successivo periodo franchista isolò la penisola iberica per un bel po' di tempo, impedendo la diffusione sui mercati internazionali. Fatto sta che adesso, grazie al lavoro di ricerca fatto da Nicoletta Campanella, fondatrice della Nicla edizioni, è stato pubblicato un volume di una nuova collana Le protagoniste de la vie en roses nata nell'ambito di un progetto editoriale più grande, che è quello de La vie en roses, 12 libri per 12 sezioni orticole. Nel primo volume, Le protagoniste, Nicoletta Campanella e altri raccontano la storia della rosa “San Valentino” e attraverso lei il padre ibridatore Pere Dot, il contesto storico, sociale, dell'arte e del costume che sono ruotati intorno alla sua presentazione sui mercati florovivaistici, in un certo qual modo a renderne giustizia.

Concludo con una citazione dal commento di Nicla edizioni: "Se solitamente si sceglie un fiore di rosa come segno d'amore, la piccola pianta della San Valentino ci ricorda che il prendersi cura è alla radice dell'amarsi, fu questo sicuramente anche il pensiero dell'artista delle rose Pere Dot".