Trent’anni e non sentirli (anzi trentuno, l’8 febbraio). O comunque gestirli. O comunque facendo finta di averne dieci-quindici in meno, quelli insomma delle sue avversarie di ora, che erano in culla quando lei, Carolina-sette-vite già piroettava sulle piste del mondo, e già conquistava medaglie e consensi, ammaliando spettatori e critici, cronisti e giudici.

Carolina è Carolina Kostner, la pattinatrice azzurra, italiana di Bolzano, che all’immediata vigilia delle Olimpiadi invernali di Pyeongchang, in programma dal 9 al 25 febbraio, è salita per l’undicesima volta in carriera su un podio continentale. Entrando naturalmente nella leggenda. Carolina, attesa da mesi di fuoco (in rapida successione: dopo gli Europei di Mosca, l’Olimpiade di Pyeongchang e il Mondiale di Milano, a marzo, verosimilmente capolinea della splendida sua carriera), guarda alla generazione delle sue giovanissime rivali con occhi da mamma: «Lo sport ad alto livello è logorante e l’anoressia non esiste solo nella mia disciplina — ha detto al Corriere della Sera —. Spero che Julia guarisca e trovi la sua strada. È talmente giovane... Però alle atlete andrebbe insegnato che noi non esistiamo solo perché pattiniamo: non è giusto essere definite per quello che vinciamo o non vinciamo...».

Conquistando la medaglia di bronzo agli Europei di Mosca, Carolina è dunque entrata nella leggenda del pattinaggio di figura. La sua è stata l’undicesima medaglia continentale, consecutiva, in 14 partecipazioni complessive (cinque volte ha vinto l’oro). Solo la russa Irina Rodnina aveva fatto tanto, occupando il primo posto sul podio europeo ininterrottamente dal 1969 al 1980. Sul ghiaccio della Megasport Arena, la campionessa altoatesina ha pagato due errori nella prova finale e dovuto così inchinarsi alla 15enne debuttante russa Alina Zagitova, che a sorpresa ha vinto l’oro, e alla connazionale Evgenia Medvedeva, bicampionessa iridata e continentale ma reduce da un infortunio.

Il bronzo è comunque un risultato eccezionale e in prossimità delle Olimpiadi di Pyeongchang un ulteriore stimolo per l’azzurra e tutta la squadra italiana del pattinaggio. Non è stata tuttavia una prestazione impeccabile: sulle musiche del Prélude à l'après-midi d'un faune di Debussy, l’azzurra è caduta in avvio sul Triplo Lutz e ha pagato un altro paio di incertezze che potevano costarle più caro, ma con grande esperienza e una inimitabile espressività è riuscita a salire sul podio. Sorprendendo, forse, essa stessa. «Ero convinta di essere quarta, solo alla fine ho capito di essere di nuovo sul podio», ha infatti commentato la campionessa azzurra, che si è anche detta «felice per il risultato, ma un po’ arrabbiata per la prestazione. Ho compiuto più errori del previsto. Da qui all’Olimpiade cercherò di sistemare quello che oggi non è andato bene». Olimpiadi: già. Incrociamo le dita. E vediamole un po’ più da vicino.

Anche se lontane dalle nostre abitudini temporali e geografiche, Olimpiadi e Paralimpiadi invernali non potranno non accendere la nostra aspettativa di tifosi, soprattutto se (e quando) ci saranno atleti italiani in lizza per una medaglia. Dal 9 al 25 febbraio – con la cerimonia inaugurale in programma giovedì 8 – si svolgeranno dunque a Pyeongchang, nella Corea del Sud, i Giochi olimpici invernali del 2018 (ai primi di marzo la Paralimpiade). Il fuso orario non sarà certo favorevole agli spettatori europei, ancorché molte competizioni si svolgano in orari abbastanza confortevoli per l’Italia. Che naturalmente tiferà per i … soliti noti, affidabili atleti, da quelli in uniforme alle “stelle” già approdate a successi internazionali. Tra le quali merita senza dubbio una citazione Giusy Versace, quarantenne atleta paralimpica, inserita tra i tedofori italiani che hanno partecipato alla tradizionale staffetta verso la sede dei Giochi coreani: «Voglio correre, ho messo le gambe apposta», ha chiosato Giusy. «Mi dicono di andare “slowly”, ma chi glielo spiega che sono una velocista?!». L'atleta, dopo aver perso entrambe le gambe in un incidente stradale nel 2008, è diventata nel 2010 la prima atleta donna italiana della storia a correre con doppia amputazione agli arti inferiori.

All’Olimpiade coreana – sulla quale pende la minaccia della non partecipazione degli atleti russi - prenderanno parte una quarantina di nazioni. Accesa in Grecia come da tradizione, la fiaccola olimpica è arrivata il primo novembre in Corea del Sud, dove ha cominciato il suo percorso per attraversare il Paese e accendere il braciere olimpico di “Pyeongchang 2018”. Abbiamo accennato ai russi, che secondo voci provenienti da Mosca potrebbero disertare in blocco i Giochi. La storia, in breve. Il Cio, il 5 dicembre, in conseguenza dei fatti-doping di Sochi 2014, ha stabilito che gli atleti russi potranno esser presenti solo in modo neutrale (senza bandiera, senza inno e come rappresentanti della squadra degli «Atleti olimpici russi» sotto l’acronimo Oar). A patto di venir invitati da una commissione indipendente che avrebbe valutato la loro “pulizia”. Il Comitato olimpico internazionale ha reso noto che dei circa 500 che hanno presentato domanda, 111 sono stati bocciati. E tra gli esclusi, ci sono nomi importanti, di potenziali atleti da medaglia: da Viktor Ahn, il “dio” dello short track, un curriculum di ori olimpici, al fondista Sergey Ustiugov (due ori e tre argenti ai Mondiali di Lahti 2017, vincitore dei Tour de Ski 2015, 2016 e 2017 e negli ultimi 50 giorni cinque volte su podi di Coppa del Mondo), dal biathleta Anton Shiplulin (due medaglie olimpiche e sette iridate), a numerosi giocatori di hockey ghiaccio, dai pattinatori in pista lunga Denis Yuskov e Pavel Kulizhnikov alla pattinatrice di coppia Ksenia Stolbova, per finire con il pattinatore di danza Ivan Bukin, argento (insieme a Fedor Klimov) e bronzo (con Alexandra Stepanova, davanti ad Anna Cappellini-Luca Lanotte) ai recenti Europei di Mosca.

La lista, chiaramente, comprende atleti che in passato hanno scontato squalifiche per uso di sostanze illecite, ma non solo. Da qui la dura reazione politica e la possibile presa di posizione sulla strada che porta a Pyeongchang. Il tutto mentre il Tas, in Svizzera, si è messo al lavoro per valutare i ricorsi di altri 39 atleti russi contro l’esclusione a vita dai Giochi proprio dopo i casi di “doping di Stato” registrati a Sochi.