Freedom of Movement (Libertà di movimento) è una rivisitazione della maratona Olimpica tenutasi a Roma nel 1960, quando per la prima volta nella storia fu un africano di colore a vincere la medaglia d’oro. In questo lavoro analizziamo la complessità delle implicazioni ideologiche, politiche e architettoniche dell’immagine di Abebe Bikila che corre da Roma ’60 fino ai giorni nostri. L’opera si compone di 3 proiezioni simultanee. Sul primo schermo, un corridore africano ripercorre sulle strade di Roma alcuni dei momenti e degli scenari architettonici che caratterizzarono la storica maratona; nel secondo video, un coro di giovani rifugiati africani attraversa gli spazi del “Colosseo Quadrato” dell’Eur dalla scala monumentale fino al tetto per intonare una canzone che affronta questioni legate all’identità originaria dei migranti e a quella del paese che li ospita; sul terzo schermo le riprese della maratona del 1960, intervallate da materiale d’archivio sulla costruzione dell’Eur e del Foro Italico, si sovrappongono alle immagini attuali di una corsa notturna di immigrati. La narrazione consente di riunire in un’unica opera la storia della maratona del 1960, l’attuale crisi creata dal flusso di rifugiati e migranti e il linguaggio silenzioso e controverso dell’architettura modernista romana.

Al confine tra video-installazione, ricerca e fotografia, il lavoro Freedom of Movement, di Nina Fischer (1965) e Maroan el Sani (1966), co-prodotto con il MAXXI, consente agli artisti di continuare la loro indagine sulle condizioni più estreme del rapporto tra spazio architettonico e spazio umano. Frutto di una commissione del museo, il progetto trova una collocazione ideale nella Collezione MAXXI Architettura, incline a indagare i confini dei linguaggi architettonici e le sue relazioni con le forme visive dell’espressione artistica.

Scaturito dal desiderio da parte del museo di indagare il rapporto tra la storia della città, quella degli edifici per lo sport e i linguaggi artistici, grazie allo sguardo sapiente degli artisti, Freedom of Movement ha preso la forma finale di un saggio inedito e approfondito su Roma, sulla sua architettura e sull’umanità che la abita e la percorre. Girato in diversi luoghi monumentali della città, il video si confronta con la questione pressante dei flussi delle grandi migrazioni e mette in luce il ruolo dello sport nei processi di pace e di integrazione, affidandogli un ruolo importante nell’innovazione sociale e per il progresso civile e culturale delle comunità.

Mentre collaborano con le comunità di “nuovi residenti” Fischer & el Sani scavano negli archivi e riportano alla luce le immagini “scalze” di Abebe Bikila, primo atleta africano a vincere la medaglia d’oro olimpica. Rivelano quindi i legami inconsci tra le immagini di Roma ’60 e quelle dei rifugiati e dei migranti di oggi, che corrono anch’essi a piedi nudi tra i monumenti – in questo caso soprattutto “moderni” – della città. Reclamano il loro diritto alla “libertà di movimento”, intesa in senso sportivo, ma anche come possibilità di trovare il loro spazio in un altro paese, di ricominciare a vivere, di esprimersi attraverso lo sport e quindi attraverso la cultura. Lo splendido coro di voci bianche della Emmaus Christian School di Maenza che si muove negli spazi del Palazzo della Civiltà Italiana dà forma a questa cultura, e intona una rivisitazione della famosa frase scolpita sulla facciata dell’edificio.

A conclusione del lavoro di produzione avvenuto nel corso del 2016, il MAXXI dedica agli artisti una mostra personale che presenta un’opera che è stata possibile realizzare grazie alla collaborazione di diversi soggetti e istituzioni, come Liberi Nantes, Emmaus Christian School di Maenza, Fendi e Coni.

Nina Fischer & Maroan el Sani (Germania, nati rispettivamente nel 1965 e nel 1966) sono artisti visivi e registi. Entrambi vivono e lavorano a Berlino. Dal 2007 al 2010 hanno insegnato Arte Cinematografica e Mediatica alla Sapporo City University in Giappone. Dal 2015 Nina Fischer è docente di Arte Cinematografica e Mediatica Sperimentale presso la Universität der Künste a Berlino. Il lavoro di Fischer & el Sani è frutto di una continua ricerca e negoziazione con la transitorietà del tempo. Esplorano tracce storiche e visioni utopiche degli sviluppi sociali, nonché la cultura politica e le avanguardie artistiche che incarnano tale transizione. Fischer & el Sani hanno preso parte a numerose mostre internazionali, tra cui la Biennale Seoul Media City (2012, 2014), la Biennale di Istanbul (2007), la Biennale di Gwangju (1995, 2002, 2008), la Biennale di Sydney (2002) e varie altre manifestazioni. Tra le sedi che hanno ospitato le loro mostre personali si annoverano: il K21 - Kunstsammlung NRW, Düsseldorf (2015), la Berlinische Galerie – Museo d’Arte Moderna, Berlino (2012), il Museo di Arte Contemporanea di Hiroshima (2010) e lo Stedelijk Museum Bureau, Amsterdam (2007).