In molti hanno pensato che la festa con gli amici fosse stata fatta per rispettare le ultime volontà di Ettore Scola, all'indomani della sua morte, avvenuta a 84 anni, il 19 gennaio del 2016. L'amata e amabile figlia Silvia smentisce: "No, siamo noi familiari che abbiamo voluto fare una cosa che sicuramente gli avrebbe fatto piacere". E aggiunge: "Mio padre non parlava della sua morte, se non per fare scherzi agli amici che lo invitavano ad eventi futuri: 'Mi spiace, non posso esserci perché occupato per un funerale. Il mio'". Ecco delineata la personalità del grande uomo di cinema: un uomo che sapeva far ridere e amava farlo, ma che non amava mettersi in mostra.

Ha iniziato la sua carriera a 17 anni - andava ancora al Liceo - scrivendo testi comici. La ritrosia gli faceva rifiutare le interviste ."Quello che ho da dire lo vedete nei miei film" soleva dire ai giornalisti. Quindici giorni dopo la sua scomparsa è uscito nelle sale Ridendo e scherzando, un documentario girato un anno fa dalle due figlie. In quel caso, per amore delle figlie, si è fatto intervistare da Pif. Ma Ettore rilancia in continuazione, rendendo difficile capire chi intervista chi. Riportiamo solo una domanda, fatta a Pif fuori campo da una delle figlie: “È stato un onore lavorare con Scola?" A rispondere è lo stesso Scola, che batte Pif in velocità "Per te non so, ma per me di sicuro è stato un onore lavorare con Scola" e giù tutti a ridere.

Si può anche ricostruire il personaggio con le frasi che, sull'onda dell'emozione, hanno detto tanti attori che avevano lavorato con lui. Ricky Tognazzi fa la battuta: "Un maestro, un grande maestro, ma che dico... un preside" ma poi aggiunge: “Era come quegli insegnanti di pianoforte che appoggiano le mani sulle tue, così che credi di suonare tu da solo". Per Tornatore e Virzì il regista è stato il maestro che più li ha formati. Tanto che Tornatore era uso fargli vedere in anteprima ogni suo film, appena lo aveva terminato. Virzì era conquistato dalle sue doti di scrittore, dai guizzi di profonda saggezza che si alternavano alle battute nei suoi dialoghi. Commovente poi ciò che ha detto alla festa Stefania Sandrelli: "Avesse dovuto scegliere una parola su tutte, questa parola sarebbe stata: noi. Mi ha trasmesso la meraviglia della collaborazione nel nostro lavoro, della condivisione, del sostegno, il privilegio, la magia di fare le cose insieme e che cose abbiamo fatto insieme, che film! La tenerezza, la passione, e l'ironia di quell'ultimo bacio che ci siamo dati il dieci luglio nei giardini di Cinecittà davanti alle sue amate Gigliola, Paola e Silvia mi rimarrà sulle labbra per sempre". Un'altra testimonianza, di affetto senza parole, è stata il pianto di Sofia Loren, quando è intervenuta alla festa.

Nato a Trevico (Avellino) il 10 maggio 1931, Ettore Scola è stato uno degli ultimi maestri del cinema italiano. Uno che ha vissuto il cinema in tutte le sue forme, da giornalista a sceneggiatore, fino alla regia. Nel '48 inizia a collaborare con le sue vignette alla rivista umoristica Marc'Aurelio, dove incontra personaggi come Federico Fellini, Furio Scarpelli e Steno. Con Age e Scarpelli, negli anni '50, scrive sceneggiature per film classici come Un americano a Roma (1954) e La grande guerra (1959). E poi, nel 1964, passa alla regia con il film Se permettete parliamo di donne con Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Marcello Mastroianni. Passano 10 anni e quando, fra il '74 e il '77 escono tre suoi nuovi film, è un'esplosione di creatività. C'eravamo tanto amati; Brutti, sporchi e cattivi; Una giornata particolare sono di impostazione totalmente diversa ma realizzati magistralmente. Tutti e tre coronati da grande successo.

In C'eravamo tanto amati, lavora con i suoi attori preferiti,Vittorio Gassman e Nino Manfredi. Il terzetto di innamorati del personaggio interpretato da Stefania Sandrelli si completa con Stefano Satta Flores. In Brutti, sporchi e cattivi (1976) dirige Manfredi, facendone lo straordinario Giacinto. In Una giornata particolare (1977) troviamo Sophia Loren e Marcello Mastroianni. Nel 1980 dirige La terrazza, crisi di un gruppo di intellettuali. Poi ricordiamo La famiglia (1987) sempre con Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli e Fanny Ardant. L'ultimo suo film è stato, nel 2013, il documentario dedicato a Fellini, Che strano chiamarsi Federico. Rivisti oggi, questi film, hanno sempre tanto da dirci. Ognuno per un motivo diverso.

In Brutti, sporchi e cattivi ci si appassiona alla storia narrata. Perché narrata con grande sapienza, con uno sguardo divertito, senza giudicare. Scola ci trascina nel vortice di trovate sceniche e contenutistiche sempre impreviste. La risata, si sa, nasce dall'inaspettato. Per questo anche le scene più drammatiche strappano un sorriso. Una capacità di narrare ormai perduta. “Oggi nella maggioranza dei film italiani la coscienza politica è diventata eccessivamente rilevante e la critica sociale si è trasformata in comizio”, sostiene a ragione Castellitto, in una recente intervista, rimpiangendo i tempi della Commedia all'italiana.

Pur essendo un esponente di rilievo di questo genere, Scola ha saputo usare altri mezzi espressivi con risultati altrettanto efficaci. Basta pensare a quella meraviglia di film che è Una giornata particolare. Qui Scola descrive la pesantezza del regime fascista attraverso mezzi minimali come il colore, un neutro ottenuto “stingendo” la pellicola a colori, e i rumori e suoni che arrivano dalla piazza, dove si tiene la cerimonia in onore dell'arrivo di Hitler in Italia. Solo all'inizio del film, quando scorrono le immagini dell'incontro del dittatore con i gerarchi fascisti alla stazione, si potrebbe pensare che la giornata sia “particolare” per quell'episodio storico. Il titolo si riferisce invece a quello che un incontro casuale riesce a produrre, almeno per un giorno, nelle vite assurde di un uomo e una donna. Un incontro in cui nasce un legame profondo nel riconoscersi entrambi diversi dallo stereotipo imposto a uomini e donne dal regime. E si concedono di vivere appieno se stessi, almeno per una giornata, la giornata particolare del titolo. Una superba Sofia Loren, che conserva una vitalità, pur fra i cappi della condizione della donna in quegli anni, e trasforma la sua sofferenza quotidiana, amando e facendosi amare da un uomo diverso. Che può sentirsi, per un giorno almeno, apprezzato e amato. Un riscatto per entrambi. Va dato atto di una sceneggiatura eccezionale, che si fonde con la storia narrata. Nomination all'Oscar 1978.

Parliamo ora del suo ultimo film (chiamarlo documentario è ingiusto), presentato a Venezia nel 2013 con le due figlie. Poche le immagini di repertorio e molte, invece, le scene di vita condivisa con Federico, ricostruite nel ricordo. Il suo personale racconto parte dall'arrivo nella redazione di* Marc'Aurelio* del magrissimo Federico diciannovenne con le sue vignette, e dopo pochi anni, di lui stesso, ancora più giovane, a significare l'importanza nella formazione dei due di quel covo di umoristi della redazione del giornale. Il racconto prosegue con le peregrinazioni notturne (perché Federico soffriva d'insonnia) nella Roma del boom, dei due amici, alla ricerca di ispirazione. Prosegue mostrando spezzoni dei capolavori felliniani, immagini, documenti di repertorio. Un mix originale di fiction e realtà, di scene recitate e brani di film e di vita di Federico, alternanza i ritmi del racconto in diretta con i flash sul lavoro o le opere del regista. Coeso, lieve e profondo a un tempo, un tributo all'amico nel ventennale della sua scomparsa, mette in luce le differenze fra le creatività dei due registi: Fellini non si dimentica mai di se stesso, fa volentieri il contestatore, per stupire e farsi ammirare, fa un dramma della sua incipiente calvizie. Scola è più genuino e più generoso. Grande affetto ma nessuna venerazione per l'amico, e neppure competizione. Due modi diversi di essere: Fellini trasgressivo, alla ricerca di suggestioni estetiche, agli ospiti della sua macchina, raccattati nelle peregrinazioni notturne in compagnia di Scola, fa domande, con quella voce un po' strascicata, ma non dialoga, non dà risposte. Mentre Ettore, con la cura con cui ricorda e ricostruisce i dialoghi, ci dice di averli ascoltati con una diversa attenzione.

Il massimo dell'affettività Ettore Scola l'ha mostrato proprio alla presentazione di questo film, a Venezia, sottoponendosi a sfilare sul tappeto rosso. Per quale motivo, se non per promuovere questo film che porta la firma delle sue figlie, oltre alla sua? Di un operatore di Cinema del suo calibro, per finire questa panoramica, ci piace ricordare quello che pensava sulla crisi del Cinema: “È un fenomeno che ha accompagnato sempre la mia carriera, a partire dai primi anni '50, quando mio padre mi diceva: vuoi fare il cinema, ma non leggi che è in crisi? Forse il cinema, sistema misto, non solo industriale, non solo artistico, 'deve' essere in crisi. Forse è la sua natura, il suo destino, la sua necessità”.