Una delle rare donne del jazz, e ancora più rara come interprete del sax-alto, si è formata nello stimolante crogiolo del jazz milanese di Franco Cerri, Giorgio Gaslini, Enrico Intra, sperimentando poi una musica d’avanguardia, memore della ricerca di grandi sassofonisti americani “free”, come Ornette Coleman ed Eric Dolphy.

Cosa vuole raccontarci di lei?

La mamma milanese, nonni materni lombardi, un papà nato per caso in Francia e in seguito approdato a Verona… quanto a me, sono nata a Milano, anche se poi ho vissuto a lungo nella città veneta con la famiglia. Una veggente aveva visto nel futuro di mamma un uomo con una divisa - che poi si rivelò essere la toga di avvocato - e una città con un fiume. Chissà se quella veggente mamma l’aveva incontrata in via Larga, dove la famiglia abitava, o mentre passeggiava con l’amato cane dobermann nei giardini di Porta Venezia... mamma decise di farmi nascere a Milano e mantenne sempre forte il legame con la famiglia e la città di origine. Papà era figlio unico, come me: gli zii milanesi amatissimi sono stati gli eroi della mia infanzia. Fantastici nei miei ricordi i periodi delle vacanze trascorse nella casa milanese. Dalle finestre si vedevano le guglie del Duomo e più lontano la Torre Velasca, erano i primi anni ’60… Gli zii mi portavano in giro per la città, ai giardini di Porta Venezia, al planetario. In autunno le nocelle del Giappone erano magnifiche. La zia mi aveva insegnato a tenere un erbario e mi leggeva le poesie del Porta.

Verso i 16 anni mi dedicai alle arti figurative, prima che il folgorante incontro con la musica jazz mi portasse ad acquistare il primo sassofono. Le visite alla Galleria di Arte Moderna e Brera diventarono un appuntamento fisso. Ho iniziato a suonare il sax nei primi anni ’70. Avevo incontrato i musicisti della Comune di Paolo Ciarchi e Ivan della Mea e quando potevo sfuggivo alla quieta routine della provincia per approcciarmi all’underground milanese… la grande città però mi faceva un po’ paura, la lentezza e il relax che si respiravano a Verona o Bologna (ove ho frequentato il Conservatorio di musica) mi erano più consone. La mia voglia di libertà e affermazione si scontravano spesso con gli attacchi di panico che mi assalivano in Stazione Centrale o in metropolitana. Erano anni bellissimi, pieni di creatività, ideali, ribellione, ma difficili e confusi come quelli di una adolescente ribelle. La grande cosa l’avevo fatta scegliendo caparbiamente di suonare uno strumento allora considerato (a torto) non adatto a una donna e men che meno al mio fisico poco robusto, creando un inusuale precedente familiare facendo della musica una scelta di vita, ma i pregiudizi cui andavo incontro, l’isolamento, il dovermi sempre rapportare con un mondo ancora prevalentemente maschile (e ancora maschilista nonostante i movimenti di emancipazione) erano pesanti e si sommavano a una insicurezza di fondo.

Solo più tardi ho conosciuto altre musiciste e compagne di viaggio con cui confrontarmi e condividere un vissuto comune. A Milano viveva anche Kim Buti, fondatore e animatore della Lega Antivivisezionista Lombarda, Le.A.L. Abitava in via Settala, insieme al suo cagnolino, e affogava il dolore del mondo nella musica di Beethoven e Wagner… cominciai così a prendere coscienza del tragico olocausto del mondo animale. Ricordo come proprio l’attrice Franca Valeri, nel corso di una trasmissione televisiva, con molta grazia, riuscì a far passare un messaggio contro la vivisezione. Erano tempi in cui si parlava poco di questi problemi e soprattutto non in tv… non c’era internet, né le star si facevano testimonial di battaglie civili come accade oggi. Probabilmente anche quello fu un input: avrei voluto anche io poter dare voce attraverso il mio sax a chi voce non ne ha. Nella seconda metà degli anni ’80 ci fu una crescente attenzione verso le nuove leve del jazz italiano, con un'attenzione particolare alla presenza femminile, una realtà ancora esigua ma ormai non più tanto sommersa e in rapida evoluzione. Nel 2013, ho avuto una diagnosi di miastenia grave, una malattia rara autoimmune neurodegenerativa. Per un anno non sono stata più in grado di suonare il mio strumento e ho temuto davvero per il mio futuro e la qualità della mia vita. Non mi sono arresa passivamente alla malattia ma ho voluto essere protagonista del mio processo di guarigione, un percorso che, tra le altre cose, mi ha riportato a Milano in uno studio di medicina integrata e naturale. Ho ripreso a suonare il mio strumento e a condurre una vita normale, dedicandomi sempre alla cura dei miei amati animali ( due cani e molti gatti). Per il momento posso dire che quella che sembrava una maledizione si è tramutata in una esperienza interiore significativa, una occasione di crescita e consapevolezza.

La sua immagine esteriore come “personaggio” e il suo sentire come “persona”

Dal momento in cui ho iniziato a salire su un palco, più di 40 anni fa, ho cercato la fusione fra il messaggio musicale, gestuale, esteriore e il mio sentire, le emozioni più profonde. Oggi mi esprimo attraverso l’improvvisazione totale, stare sul palco non è solo suonare il mio strumento, ma fare teatro, essere parte di un rito che si consuma insieme ai musicisti e al pubblico in uno scambio circolare di energie. All’inizio tutto questo non era così scontato perché nei musicisti sul palco con me e nel pubblico prevalevano lo stupore e la diffidenza per quel mio essere donna con il sax, in più band leader e compositrice… era sempre come se dovessi convincere qualcuno, come se dovessi superare un esame. Man mano che queste barriere sono cadute, all’esterno e all’interno di me, le cose sono diventate più naturali e scorrevoli.

Allora per lei il piacere è...

Per me le vie del piacere sono varie: il sesso, la musica, il cibo (veg, mi raccomando!), lo stare nella natura, la meditazione, una bella risata… si parla anche di yoga della risata, vero? Interessante come nella lingua giapponese il vocabolo “musica” sia espresso attraverso l’unione degli ideogrammi “suono” e “piacere”.

La donna oggi: liberazione o integrazione?

Liberazione, sempre! Vale non solo per la questione di genere… tutti i giorni dovremmo liberarci di qualche cosa: cattivi pensieri, stereotipi, oggetti inutili, energie negative, preconcetti. Integrazione, ma certo, a condizione di essere libere/ liberi.

Donna e/è potere… cosa ne pensa?

Ci sono donne di potere che esercitano il potere in maniera arrogante al pari dei maschi e che sbagliano al pari dei maschi e ci sono donne brave, oneste e preparate che dimostrano come una leadership femminile sia di tutto rispetto e auspicabile. Ci sono paesi in cui le donne stanno lottando per i diritti fondamentali come il diritto allo studio e l’accesso a tutti i ruoli sociali e istituzionali. Ci sono paesi in cui le donne subiscono ancora il potere maschile in modo inaccettabile. Anche nei paesi cosiddetti sviluppati mediamente le donne lavoratrici percepiscono ancora paghe inferiori ai colleghi maschi. Nella musica mi sembra sia ancora difficile veder riconosciuto alle donne prerogative quali l’originalità, l’inventiva,la personalità.

Sessualità, maternità, lavoro: tre fili che s’intrecciano, confliggono o si elidono?

Farli intrecciare armoniosamente nonostante le mille difficoltà, questa si che è arte! La mia scelta è stata di non avere figli, ma ho visto amiche e colleghe dover difendere la loro maternità a prezzo di molti sacrifici, spesso lasciate sole a lottare in un ambiente competitivo e poco generoso come quello della musica.

Milano e il jazz: quali sono stati i personaggi, le associazioni, gli eventi che hanno fatto e fanno la storia del jazz meneghino?

Il jazz è una forma d’arte estremamente vitale e per sua natura destinata a trasformarsi, ad assimilare linguaggi diversi. In quello che viene definito jazz trovano spazio sia la tradizione in senso stretto, sia contaminazioni con la musica popolare, la musica classica europea, il rock, l’elettronica, dando luogo a varie specificità. Personalmente ho avuto modo di prendere attivamente parte a quella stagione che negli anni 0ttanta ha visto mettere in luce una nuova generazione di musicisti, con un crescente attenzione per la componente femminile. Anche il fiorire di etichette discografiche indipendenti ha dato la possibilità a giovani interpreti, compositori e compositrici di esprimersi. Milano era, anche in questo, un punto di arrivo e partenza. Non a caso la rassegna che mi ha fatto conoscere presso la critica nazionale si chiamava Il Nuovo Suono del Jazz Italiano, organizzata a Milano dalla Associazione Culturale Musica Oggi, facente capo a Franco Cerri e Enrico Intra, con il supporto di firme autorevoli come Franco Fayenz. Giorgio Gaslini, poi, ha portato per primo l’insegnamento della musica afroamericana in conservatorio, a Milano e a Roma, era un intellettuale a tutto tondo, è stato un pioniere nell’aprire l’orizzonte del jazz nazionale a un concetto di Musica Totale, sempre attento a cogliere e interpretare gli stimoli e i cambiamenti della società e del mondo della comunicazione. Giorgio Buratti, il poliedrico e sanguigno contrabbassista e compositore, amico di Charles Mingus. Negli anni ’70 le avanguardie musicali mosse dall’impegno politico e collegate al movimento studentesco avevano dato luogo a eventi memorabili come i concerti al Parco Lambro e alla Statale. Nel 1976 all’Università Statale nel corso di una occupazione si organizzò un concerto di uno dei gruppi più avanguardisti e politicamente impegnati del momento: gli Area di Demetrio Stratos. Altri protagonisti di quella stagione, il pianista Gaetano Liguori e il trombettista Guido Mazzon: sulla copertina del suo disco Ecologia Ecologia, uno dei migliori esempi del jazz d’avanguardia italiano, campeggia l’immagine del Duomo offuscato dallo smog.

Ci può improvvisare una jazzistica definizione di jazz?

Uaba dadibada dabadahuhhhbahhh
Oh yeahhhh
Jazz is a music who speaks about freedom!!!
Uhhhhuhhhhh ya!
Il jazz è una musica che parla di libertà!!!
Mmmmmhhhh
Let it swing and dance into your soul!!!