Inaugurata il 19 luglio e visibile fino al 18 ottobre, la mostra I Macchiaioli e il loro tempo. Opera e vita degli Artisti del Caffè Michelangelo sta raccogliendo lusinghieri consensi di pubblico e di critica non solo per la qualità delle numerose opere esposte, in particolare un centinaio di dipinti ad olio e una quarantina tra disegni e caricature, ma anche per offrire una documentazione originale di manifesti e ritratti d'epoca, fotografie e libri, lettere e varia oggettistica come portapennelli e portaceralacca, ventagli, occhialini, necessaire per cucito, giocattoli, anche un velocipede, al fine di ricostruire e testimoniare la vita quotidiana di metà Ottocento e gettare ulteriore luce sull'ambiente macchiaiolo. Un coinvolgimento storico che rende l'esposizione particolarmente interessante e un'occasione per poter vedere materiali e documenti gelosamente conservati dai collezionisti.

Il merito spetta indubbiamente ai curatori, Giuseppe Figna e Vittorio Quercioli (purtroppo scomparso prima di poterne vedere l'allestimento), che hanno ideato e realizzato una mostra che, oltre all'aspetto artistico, ha privilegiato il punto di vista storico che nel bel catalogo Figna ha ricostruito con competenza collocando l'attività dei pittori nel più ampio ambito delle vicende toscane e nazionali.

La mostra si sviluppa all'interno dell'antico Palazzo Taglieschi di Anghiari che ospita il Museo statale di arti e tradizioni popolari dell'alta valle del Tevere, di per sé un luogo suggestivo, con un percorso museale che si svolge lungo diverse sale, tra pregevoli opere d'arte: crocifissi e sculture lignee, come la Madonna di Jacopo della Quercia, dipinti, arredi sacri e liturgici, tessuti, maioliche, ex voto e pezzi unici, come l'organo positivo. Si ha così la possibilità di poter visitare parallelamente il museo e la mostra. Questa, raccogliendo i migliori esiti dei pittori che si riunivano nel fiorentino Caffè Michelangelo, ne documenta dal punto di vista cronologico l'ampio percorso artistico: dai più conosciuti Giovanni Fattori e Silvestro Lega a Telemaco Signorini e Adriano Cecioni, Giuseppe Abbadi, Odoardo Borrani, Raffaello Sarnesi, Vincenzo Cabianca, ai più tardi Cannicci, Cecconi, Corcos, Panerai, i fratelli Gioli e ai Tommasi, alle prove giovanili di De Nittis e Boldini e all'ineffabile caricaturista Angiolo Tricca.

Come è noto, la “macchia” segna il definitivo distacco dai modi della pittura romantico storica della prima metà dell'Ottocento, ponendo attenzione al rapporto con la realtà, attraverso un più diretto contatto con la “verità” ottica della rappresentazione pittorica, che si esprime appunto in una pittura sostanzialmente all'aria aperta ma non solo, e soprattutto dove il disegno, da sempre la base della tradizione pittorica, particolarmente toscana, viene superato in favore del colore che si esprime come viva rifrazione della luce.

A questo proposito, portando le novità dell'Impressionismo di ritorno da Parigi, si esprime Diego Martelli, critico d'arte e teorico del gruppo: ”Fino a ora si è creduto generalmente che il disegno fosse la parte più sicura, certa, positiva dell'arte. Al colore, si è concessa la magia dell'impreveduto, la fortuna della fantasia. Oggi non è più così che dobbiamo ragionare; perocché l'analisi dimostra che la impressione reale, che danno all'occhio le cose, è un'impressione di colore; e che noi non vediamo i contorni di tutte le forme, ma solamente i colori di queste forme”.

In verità, soprattutto Fattori non si distaccherà mai completamente dalla linea, dal contornare le figure, ma l'esperienza dei Macchiaioli rappresenta la più importante prova di aggiornamento della pittura ottocentesca italiana, bisognerà attendere l'irruente movimento dei futuristi che, pur con le sue contraddizioni, si porrà non solo in rottura con la tradizione ma tra i più significativi linguaggi artistici della modernità.

Al di là dell'importanza storica del movimento, bisogna riconoscere che la pittura della macchia raccoglie molti consensi, sia per i soggetti rappresentati sia per il gradevole gusto estetico, esprimendo emozioni e stati d'animo con immediatezza che la pittura di più stretta osservanza accademica non sempre riesce a trasmettere. Attualmente i Macchiaioli sono apprezzati e celebrati ma almeno fino al 1920 erano pressocché sconosciuti alla cultura ufficiale; una prima riabilitazione si ha durante il Ventennio che rivalutando le passate glorie nazionali li contrappone forzatamente agli impressionisti, che conobbero ben altri esiti, per poi arrivare nel 1975 alla grande mostra tenutasi al Forte Belvedere di Firenze, poi replicata al Grand Palais parigino, che ne stabilisce i meriti e il decisivo successo, come dichiara Giovanni Spadolini nell'introduzione al catalogo Piagentina. Natura e forma nell'arte dei Macchiaioli (1991): “Da allora fu definitivamente chiaro come i Macchiaioli fossero maestri: maestri della fedeltà artigianale ad un mestiere sentito come dedizione assoluta, e fuori dagli schemi virtuosi del purismo artistico; maestri del raccordo fra società e arte, nella trascrizione fedele dell'etica risorgimentale, in una chiave, anche quella, dimessa, schiva, non urlata e non gridata”.

La mostra è stata resa possibile grazie al contributo e all'organizzazione della Banca di Anghiari e Stia Credito Cooperativo per celebrare il 110° anniversario dalla propria fondazione, dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo tramite i suoi istituti periferici, Polo Museale regionale della Toscana e Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo, e dalla Fondazione Onlus Marco Gennaioli.