Il dipinto è un colore applicato con un collante a una superficie, ovvero, con linguaggio tecnico, è un pigmento applicato a mezzo di un legante a un supporto. Sono quindi pigmento, legante, supporto, i tre elementi che definiscono “il dipinto” e che, con le loro possibili varianti, ne determinano il genere. Il supporto, in particolare, essendo preponderante in termini quantitativi e morfologici, definisce una prima macroscopica caratterizzazione del dipinto. In relazione alla natura e alle dimensioni del supporto, il dipinto può essere concepito come opera immobile o mobile. In relazione alla morfologia del supporto, esso può insistere su una superficie sostanzialmente piana, il “dipinto propriamente detto”, o su una superficie modellata, la “policromia”.
Nel saggio pubblicato sull’argomento ci siamo occupati esclusivamente di ‘dipinti mobili’ e, in particolare del tipo di dipinto mobile più frequente nella cultura italiana dal ’500 a oggi che è proprio il dipinto a olio su tela. La combinazione più frequente, nonché “ricetta perfetta” della pittura ‘olio su tela’, quella con olio di lino su tela di lino, è caratterizzata dalla centralità di materiali ugualmente originati dalla pianta del lino comune. Una simile affinità tra la tecnica e gli strati sottostanti rimanda alla “ricetta perfetta” del dipinto murale, caratterizzata da un’analoga affinità: l’affresco.
Il “restauro”, a causa della sua doppia equivocità (una natura di lavoro intellettuale e, simultaneamente, materiale; una discendenza e appartenenza sia alle “discipline scientifiche” sia a quelle “umanistiche”) determina e subisce chiari disorientamenti nella consueta didattica e nell’abituale gerarchia delle competenze, tuttavia è una complessa e articolata scienza e disciplina in sé, intrecciata e alimentata da altre scienze e discipline. L’unico paragone possibile è quello con la “medicina e chirurgia” che però gode un vantaggio di diverse migliaia di anni sul “restauro”.
Nel raccogliere dati e considerazioni prevalentemente noti, abbiamo pensato soprattutto a sistemarli con criterio e metodo. Nel tempo, ma anche in ogni singola “opera d’arte”, cambiano i materiali e le tecniche esecutive, cambiano le cause e i tempi del degrado, cambiano i materiali e le tecniche di restauro, ciò che dovrebbe restare saldo in chi partecipi, con vario titolo e competenza, al “restauro” sono le capacità di lettura sistematica dell’opera e del suo stato di conservazione nonché la possibilità di elaborare, o valutare, o comprendere, gli eventuali provvedimenti idonei a rallentarne al massimo l’ineludibile degrado materiale. Per tali ragioni, tutto ciò che interessa direttamente i dipinti ‘olio su tela’, nella sua articolazione e sistemazione, risulta certamente proficuo anche nell’approccio al restauro di altre categorie di manufatti d’arte.
A cura di:
Giuseppe Maria Costantini , restauratore di beni culturali e docente a contratto presso l’Università di Bologna, titolare dell'omonimo studio assieme a Rita Costato Costantini , restauratrice di beni culturali e coordinatrice di Mus-e Italia in Bologna.
Cesare Fiori , titolare degli insegnamenti di Chimica del restauro, Conservazione e trattamento dei materiali e Tecniche per la conservazione dei mosaici, presso il Dipartimento di Storie e Metodi per la Conservazione dei Beni Culturali, Università di Bologna, sede di Ravenna.