È primavera, finalmente! Scocca l’ora delle Grandi Classiche del Ciclismo. Sanremo, Fiandre, Roubaix, Liegi. Non è soltanto geografia, ma la Storia di questo sport popolare e dal fascino senza tempo, che si rinnova ogni anno sulle strade di Italia, Belgio, Francia e Olanda.

Dopo l’antipasto della Milano-Sanremo, andata in scena domenica scorsa, il gruppo si trasferisce in Belgio, dove a Pasqua andrà in scena il Giro delle Fiandre. La cosiddetta “corsa dei muri” ha il suo punto clou nel muro del Grammont, semplicemente “de Muur”, una rampa secca di un km con punte del 19,8% di pendenza. Negli ultimi due anni la vittoria è andata a Fabian Cancellara, che in caso di tris eguaglierebbe il record di Fiorenzo Magni, unico ciclista capace di trionfare in questa corsa per tre anni consecutivi, dal 1949 al 1951.

Una settimana dopo, il 12 aprile è invece in programma la Parigi-Roubaix, la «Regina» delle Classiche monumento con i suoi 246 km costellati dai tanto celebri, quanto terribili e temuti settori di pavè nelle campagna del nord francese. Dalla prima edizione del 1896 fino ad oggi, la Parigi-Roubaix è sinonimo di sforzo, tenacia e coraggio. Le stesse caratteristiche degli abitanti di questo piccolo centro tessile a nord-est di Lilla, situato quasi al confine con il Belgio. Allora, a fine ottocento, gli abitanti locali lavoravano nelle manifatture per 6 giorni su 7 e la domenica era l’unico giorno dedicato allo svago, la bicicletta l’unico mezzo di trasporto alla portata di tutti. Così un gruppo di imprenditori locali promosse la costruzione di un velodromo che doveva essere l’arrivo di una corsa con partenza da Parigi la domenica di Pasqua del 1896. La Chiesa locale andò su tutte le furie, ma si trovò un compromesso con la celebrazione di una messa in una cappella situata 200 metri prima della partenza. Questo aneddoto le valse il soprannome de «La Pasquale», e diede l’inizio a un mito che si rinnova ogni anno.

I prelati di allora sarebbero contenti nel sapere che i corridori di oggi chiamano la Roubaix «L’Inferno del Nord» per i massacranti tratti in pavè, spesso resi ancor più duri da pioggia e vento. Sono 27 in tutto, numerati al rovescio e preparati da encomiabili volontari ogni anno, per un quinto della distanza totale, 52 km. I passaggi più attesi sono quelli della foresta di Arenberg, dopo 158 km di gara, e il Carrefour de l’Arbre 2,1 km di pavè a meno di 17 km dall’arrivo, il momento giusto per sferrare l’attacco vincente e arrivare a braccia alzate sul traguardo del Velodromo di Roubaix.

In 113 edizioni l’impresa è riuscita più di tutti ai belgi, con 55 successi e due poker firmati da Roger de Vlaemink negli anni ’70 e Tom Boneen tra il 2008 e il 2009. Bisogna tornare indietro di altri 10 anni, al biennio ‘98-’99 per rivedere un italiano con le braccia al cielo sul traguardo di Roubaix. L’ultimo a riuscirci fu Andrea Tafi,che succedette nell’albo d’oro al compianto Franco Ballerini, vittorioso nel ’95 e ’98, secondo nel ’93 e terzo nel ‘94. Lui per tutti resta “Monsieur Roubaix”.

Il 19 aprile è la data preferita dagli appassionati di ciclismo olandesi. Questa domenica va in scena l’Amstel Gold Race, chiamata così per volere (e potere) della nota marca di birra che ne sponsorizza l’organizzazione fin dalla prima edizione, disputata nel 1966. Non avrà l’aura mitica di Roubaix e Fiandre, ma ha un percorso altamente selettivo. Lo dice la matematica, con 31 muri distribuiti su 240 km di gara, ben 8 dei quali negli ultimi 42 km, quando i ciclisti sono sulla bici già da sei ore. Come se non bastasse, la corsa si snoda nella campagna olandese, attraversa strade strette con repentine e ripetute curve, da far venire il mal di testa ai ciclisti. E non è una battuta: lo disse anche Paolo Bettini, che nella sua carriera non si aggiudicò mai questa corsa.

Il gran finale di questa primavera, due settimane prima dell’inizio del Giro d’Italia, arriva il 26 aprile con la “Doyenne” – decana – delle classiche del ciclismo, la Liegi-Bastogne-Liegi. La corsa simbolo del Belgio francofono, contrapposta al Fiandre, manifesto dell’orgoglio fiammingo, si dirama attraverso le colline delle Ardenne e si spinge fino al confine col Lussemburgo (Bastogne), prima di ritornare verso Liegi. Anche qui, 250 km su e giù lungo le rinomate “côtes” gli strappi dove i campioni del gruppo si danno battaglia per la vittoria.

La più attesa dal pubblico è la Redoute, 2,3 km con punte al 22%, mentre la più cara ai ciclisti italiani è la Côte di Saint Nicholas. Con gli anni, la salita di questo quartiere di Liegi è diventata la Côte des Italiennes, per merito degli emigrati italiani che al passaggio della corsa espongono i loro tricolori ai balconi e dei ciclisti azzurri che su questa rampa hanno spesso preso il volo per la vittoria. L’anno scorso, nell’edizione numero 100 della Doyenne, proprio qui scattarono il lucano Domenico Pozzovivo e il siciliano Giampaolo Caruso, ma quello che sarebbe stato un finale perfetto venne vanificato dalla zampata vincente dell’australiano Simon Gerrans. Nell’edizione 101 della Liegi, tra i favoriti alla vittoria potrebbe esserci Vincenzo Nibali, trionfatore del Tour de France 2014.