La morte è un tema che ha sempre destato interesse: da sempre misteriosa e da sempre indagata, la sua rappresentazione nell’arte è un punto nodale; gli artisti non si sono mai sottratti all’impulso di dare un volto alla morte e sono innumerevoli le opere che ne hanno conferito un sembiante “rendendola visibile” allo sguardo dei mortali.

Numerosi artisti hanno messo in scena la multiforme declinazione del rapporto tra vita e morte, come testimoniano le loro opere in epoche diverse. Tra la vasta produzione di opere che affrontano questa tematica quelle di Albert Dürer, la tela di Jacques-Louis David con il corpo di Marat appena ucciso, e i veri cadaveri plastinati di Gunther von Hagens. Quest'ultimo è uno scienziato/artista che organizza dei veri e propri tour con “corpi” che si compongono nelle posture di opere d’arte famose (tra l’altro è possibile avviare una pratica per donare post-mortem il proprio corpo all’artista); è mia opinione che l’operazione mediatica attuata da von Hagens evochi per certi aspetti gli albori del Museo delle Cere di Madame Tussauds.

Le reazioni alle opere degli artisti contemporanei che espongono opere sul tema della morte spesso sono un misto di curiosità, sdegno e shock, ma va ricordato come anche nel passato, in periodo medievale e rinascimentale, la morte cruenta era già spettacolarizzata, e i soggetti privilegiati della raffigurazione artistica erano spesso le cronache di martiri e crocifissioni.

Un’opera d’eccezione fu dipinta da Caravaggio tra il 1593-94: il Bacchino malato ci pone davanti alla morte e alla malattia, ma lo fa mostrandoli come elementi costituenti del mondo; il quadro mostra un giovane Bacco malato, che si offre allo sguardo con grazia, ma la sua pelle è gialla e le labbra sono bluastre. L’opera mostra la malattia, il male, ed evoca la morte. Probabilmente è un autoritratto del Merisi, eseguito durante un ricovero presso l'ospedale della Consolazione, in seguito a una ferita alla gamba provocatagli dal calcio di un cavallo. Di seguito cito alcune tra le numerose opere contemporanee che trattano la tematica della morte, e in cui gli artisti hanno utilizzato mezzi diversi per esprimersi.

Nel contemporaneo, l’artista Araki (Nabuyoshi), che tutti conoscono per la produzione erotica, si è dedicato a una monumentale opera d’amore, protrattasi per 19 anni: l’artista ha fotografato quotidianamente la moglie nella più vasta gamma di situazioni possibili. L’ultima fotografia di questo viaggio d’amore mostra una bara piena di gigli, dove la donna giace e pare come addormentata: Yoko è deceduta per un cancro nel 1990, e l’ultima parte del diario d’amore di Araki ritrae il decorso della malattia della moglie fino alla fine. Il titolo dell’opera è Winter Journey 1989-1990. L’opera di Araki sembra compiere attraverso la fotografia, un'esplorazione esistenziale della vita e della morte.

Un’opera simile a quella di Araki è stata realizzata dell’artista Sophie Calle: l’artista elabora il lutto per la madre morta, esponendone un ritratto a fianco del video che la raffigura durante il funerale. L’opera è stata esposta a Venezia nel 2007 durante la Biennale. L’operazione artistica di Sophie Calle e di Araki ritengo si ricolleghi alla pratica diffusa in Europa, USA e Sud America, fino agli anni '30 del Novecento e oltre, di fotografare i morti. La fotografia post-mortem prosegue la tradizione di riti e tradizioni antichissime messe in atto per superare il lutto; la fotografia post-mortem segue la pratica pittorica di raffigurare personaggi illustri e famosi sul letto di morte nonché la tradizione del calco mortuario e dell'effigie in cera.

La fotografa Nan Goldin, come Araki, lavora a una ricerca che coincide con la propria storia e il proprio vissuto: attraverso autoritratti impietosi di sé racconta la sua storia emotiva, utilizzando uno stile da album di famiglia; l’artista ritrae spesso l’ambiente omosessuale di Boston, New York e Londra dove l’AIDS ha colpito molti suoi amici, e li ritrae durante le varie fasi della malattia. Maurizio Cattelan, oltre all’ironia usa spesso l’effetto shock insito nella morte: un esempio è l'opera All del 2008, un’installazione scultorea dove l’artista espone otto “corpi bianchi di marmo di Carrara” coperti da lenzuoli bianchi. David LaChapelle nell’opera Awakened del 2007 espone in una sala schermi a parete creando un effetto da acquario, dove i corpi annegati fluttuano nell'azzurro intenso dell’acqua. I corpi sono i protagonisti.

Nel 1969 l’artista Mel Bochner crea un’installazione dove è la vita fitomorfa ad essere protagonista; l’opera può a mio avviso offrire un'insolita chiave di lettura, la vita che cresce sotto i nostri occhi è una sorta di rappresentazione simbolica che recupera sia la metafora del ciclo della crescita, ma è anche un'evocazione della morte. L’opera mette in relazione una pianta verde e viva con una griglia graduata, che permette nel tempo di misurarne i progressi. Accosto a quest’opera il video dell'artista Sam Taylor Wood, un time-lapse del 2001 che si ispira alla natura morta “classica”, e che filma dal vero dall'inizio fino al processo di putrefazione.