Una scelta coraggiosa quella di Federico Garibaldi giacché per il nuovo progetto della sua mostra personale di fotografia che è esposta in Galleria Statuto13, in Brera, decide di capovolgere l’idea di fotografia puramente estetica per “consegnare” il proprio estro alla fotografia concettuale con un piglio certamente innovativo.

Ci racconta un viaggio, il “suo viaggio”, nel quale noi possiamo riconoscerci, nel quale possiamo immergere i nostri pensieri dondolandoci poeticamente e metaforicamente tra le associazioni mentali e i ricordi individuali che ne scaturiscono.

Il concetto si fonda sull’idea del “dinamismo spazio – temporale”, quindi sul movimento; le fotografie scattate sono l’una conseguente all’altra nel percorso spaziale effettuato in auto durante il suo viaggio fisico e introspettivo. Ciò che emerge e che mi colpisce è certamente il concetto di temporalità: il tempo è un concetto primitivo dell’esperienza legato alla percezione del “divenire” o della “durata” di un fenomeno, in base al quale è possibile stabilire l’ordine di una successione di eventi o la loro contemporaneità.

Gli scatti di Federico Garibaldi, infatti, catturano attimi, secondi subitanei e consequenziali al fine di mostrarci – non raramente con l’ausilio di trittici fotografici che catturato immagini di sensazioni, ma sviluppati volutamente su un’unica matrice – la corsa del tempo, dei minuti, e non solo quella dello spazio impiegato dal punto A al punto B di un percorso.

Osservando gli sviluppi con soggetti verticali avverto la sensazione di linearità verso l’alto che accostata a molteplici dagherrotipi solleticano nel mio occhio e nel mio cervello proprio l’idea del movimento, della velocità (una sorta di post-futurismo fotografico del XXI secolo).

“Il gesto per noi non sarà più un momento fermato del dinamismo universale: sarà, decisamente, la sensazione dinamica eternata come tale.” (cit. Umberto Boccioni)

Come avvenne con il movimento futurista, anche Federico Garibaldi a mio avviso sa puntare a una rappresentazione sintetica di “quello che si ricorda e di quello che si vede.” Dinamismo e simultaneità non solo di ambienti ma anche di stati d’animo. La gamma dinamica nella fotografia descrive il rapporto tra la massima e la minima intensità luminosa misurabili nell'immagine e il progetto di Garibaldi ci fanno costatare come tale concetto sia presente nel suo ultimo lavoro che sarà esposto nella galleria milanese.

Molto spesso mi rendo conto che, citando lo scrittore e sceneggiatore Ennio Flaiano: “Dopo ogni viaggio, in cui mi sono illuso di interessarmi di qualcosa, di capire, di arricchirmi, mi accorgo che sono affondato di un altro centimetro nelle sabbie mobili. Non bisogna muoversi.” Questo processo cognitivo mi porta dunque a riflettere se a volte non convenga fermarsi, ma poi la voglia di procedere, avanzare, conoscere prendono il sopravvento ed è lì, in quell’istante di vita, che decido profondamente di non fermarmi mai, di avanzare sempre, nel mio viaggio, quello della vita.

Come epilogo direi che anche Garibaldi fotografo aneli al processo induttivo (e non deduttivo) che porta l’uomo e l’artista che sono insiti in lui, in una continua ricerca, che porterà la sua creatività a incedere in un continuo divenire ricco di sensazioni e d’interazioni sinergiche tra pensiero, arte e azione.

Mostra curata da Massimiliano Bisazza.