Velasco Vitali (scultore e pittore, classe 1960) anni fa ti ha detto: “Sei coraggioso a fare scultura”. Coraggio? Follia? Quale è il perché del tuo interesse per la scultura?
Coraggio o follia, probabilmente servono entrambe per fare scultura. Il mio interesse per la scultura nasce dall'amore per la materia, l'arte, la ricerca e lo studio. La scultura, per me è uno specchio della vita. Lo specchio può mostrare orrore oppure bellezza, si tratta comunque di una realtà. La scultura è vita. Non voglio mancare di rispetto ai colleghi pittori, ma la vita pulsante io non la sento nel bidimensionale. Questa è una mia opinione sia chiaro! E la si può reputare sbagliata! Per me la scultura è un’esigenza fisica, inconscia, un processo innescatosi in me molti anni fa e ora inarrestabile.

L’epistemologo e filosofo dell’arte Nelson Goodman riflette non su "che cosa" sia arte, bensì su "quando" sia ancora possibile parlare di arte nella multiforme varietà dell'orizzonte artistico attuale. Parafrasando Goodman, quando secondo te si può parlare di scultura?
Quando Jannis Kounellis dice di essere un pittore pur utilizzando il linguaggio della scultura.
Quando Antony Gormley dice di essere un artista concettuale.
Quando Zhang Huan si sdraia nudo su lastre di ghiaccio.
Quando Stepan Balkenhol cosparge le sue opere di olio di pesce.
Quando César passa con uno schiaccia sassi su migliaia di Rolex falsi.
Quando tonnellate e tonnellate di semi di girasole, fatti di porcellana, riempiono un hangar.
Quando Boltanski si fa riprendere 24 ore su 24 nel suo studio.
Quando Kiefer dipinge. Quando Penone soffia le foglie.
Potrei continuare...

La materia parla alla mente attraverso tutti i sensi e il materiale e l’opera costituiscono spesso un’unica entità inscindibile, con vincoli espressivi profondi. I tuoi materiali: lamiere, metallo smaltato e ferro in polvere. Qual è l’approccio che hai con la materia per arrivare agli aspetti contenutistici e concettuali delle tue sculture?
Il ferro, la ruggine e la polvere di ferro sono in alcuni casi l'opera stessa. Il valore simbolico degli elementi per me è importantissimo, lavoro più sul concetto che sulla parte legata alla figurazione. Quest'ultima molte volte è una conseguenza del processo creativo.

Quali sono i passi che segui per creare quando hai un’idea?
Io ho un approccio lavorativo a 360 gradi, posso fare moltissimi disegni tanto quanto andare invece di getto avendo l'immagine in testa. Dipende molto dalla giornata. Il lavoro si crea nella mia mente. Quando è finito posso iniziare a renderlo visibile per gli altri.

Cosa, del mondo che ti circonda, attrae la tua attenzione e cosa riesce ad avere un effetto tale da influenzare la tua ricerca artistica?
Ho iniziato facendo un'indagine antropologica sull'uomo, sulle sue debolezze, sulla sua fragilità e sulle sue contraddizioni. L'Homo homini lupus per me è una grande fonte di riflessione e ricerca ancora oggi. In questo momento rifletto sul cambiamento, sulla trasformazione, sull'evoluzione e sul vuoto.

Ti capita di avere idee che ritieni impossibili da concretizzare in uno scultura?
Sì, mi capita di avere progetti che non posso concretizzare ma solo per un discorso puramente economico. Fare scultura ha un costo molto diverso rispetto al fare pittura o fotografia. Ma piano piano si arriva a fare tutto.

Fino al 30 marzo sei stato al MUST, Museo del territorio vimercatese, per la monumentale collettiva (centosessanta artisti, italiani e stranieri, e più di 300 opere) Percorsi nella materia, nell'ambito della rassegna MATERIE. Tre le sculture che hai esposto e che nelle sale del museo hanno dialogato con le opere di Pietro Consagra, Giò Pomodoro, Mario Radice, Giuseppe Spagnulo, Gilberto Zorio, Arman, Daniel Spoerri, Man Ray e molti altri scultori ampiamente storicizzati. Per la mostra gli artisti sono stati scelti per il carattere particolarmente evocativo del loro impiego della materia utilizzata: raccontaci come e quando si è concretizzata la possibilità di esporre e cosa ha significato e significa per te essere stato invitato.
Da diversi anni conosco la curatrice Simona Bartolena. È lei che mi ha invitato a far parte del progetto Materie e a esporre nelle bellissime sale del MUST. Vedere Zorio nell'atrio d'ingresso, poi Spagnulo, Staccioli, Uncini, il cane di Velasco e molti altri, beh, è stato emozionante. Grazie all’ottimo lavoro fatto dalla direzione del MUST e dall'associazione HEART, le mie sculture dialogavano molto bene sia con gli spazi sia con le opere esposte al museo.

Quali sono le suggestioni percettive che vuoi risvegliare in chi osserva le tue opere?
Penso sia importante dare libertà al fruitore, se chi osserva sa anche ascoltare troverà di certo il significato delle mie sculture. Sempre che io abbia fatto bene il mio lavoro, altrimenti si potrà dire: "ma questa roba è orrenda".

Quali delle tue sculture ci proporresti come opere che in qualche modo rappresentano dei punti di snodo fondamentali nel tuo percorso?
Sicuramente alcune opere del ciclo Il senso dell'assenza, è l’inizio dell'indagine sul vuoto. Il primo lavoro di Polveri, un piccolo cranio con magneti al neodimio, è del 2010 ed è una scultura a cui sono molto legato. Le farfalle e la polvere di ferro di Padre, scultura fatta pochi giorni prima della nascita di mia figlia e il grande trittico Notte.

Come continui a sperimentare? Come pensi che si evolverà la tua scultura in futuro?
Continuerà l'indagine sul vuoto e la condizione umana, magari utilizzando nuove tecniche e nuovi materiali. Mi piacerebbe essere luce visibile nell'invisibile.

Che progetti hai in cantiere per i prossimi mesi?
A questa domanda tengo in modo particolare! Dalla fine del 2010 circa, ho intrapreso un progetto molto articolato per una mostra. Ho voluto preservare i lavori per una mia personale, e questo ha richiesto un grande sacrificio. Vorrei puntualizzare, io non ho fatto molte personali fino a oggi. Nel mio cv ci sono tantissime collettive ma di vere e proprie personali non ne ho. Cocoon in Fabbrica Eos nel 2010, non la vedo come una vera e propria personale, esponevo un solo lavoro, non abbastanza esplicativo di quella che è una ricerca molto più articolata e complessa. Oggi, dopo una gestazione di quattro anni, pochi pezzi da terminare e, la mia Wunderkammer sarà pronta. Questo e il progetto che ho in cantiere!

Barbara Rose, grande storica e critica d’arte, in Paradiso Americano, una raccolta di saggi "sull’arte e anti-arte" dal 1963 a oggi, afferma "La crisi economica? È fantastica. Rimarranno solo i veri artisti. Perché i veri artisti hanno la maledizione dell’arte e non hanno altra scelta". Quali sono le tue considerazioni sullo stato attuale dell’arte?
Non voglio fare considerazioni questo non è il mio ruolo, io mi sento un maledetto.