La Biennale di Venezia con la 18esima Mostra Internazionale di Architettura 2023, uno dei più prestigiosi eventi nel campo dell'arte e dell'architettura, ha visto quest’anno la partecipazione di numerosi talenti artistici, ma uno in particolare ha catturato l'attenzione degli spettatori: Liam Young, un architetto visionario che ha trasformato le sue idee in film affascinanti e suggestivi.

La Biennale di Venezia quest’anno si impegna concretamente nella lotta al cambiamento climatico, promuovendo un modello più sostenibile per la progettazione, l'allestimento e lo svolgimento delle sue attività. Nel 2022 ha ottenuto la certificazione di neutralità carbonica per tutte le manifestazioni che si sono svolte durante l'anno. Ciò è stato possibile grazie a un'attenta raccolta di dati sulle emissioni di CO2 generate dalle manifestazioni stesse e all'adozione di misure adeguate. Il processo per raggiungere la neutralità carbonica è stato certificato secondo lo standard internazionale PAS2060 dal RINA.

Per le manifestazioni della Biennale, la componente più significativa dell'impronta di carbonio complessiva è legata alla mobilità del pubblico partecipante. Pertanto, questa mostra sarà la prima grande esposizione di architettura ad adottare un percorso verso la neutralità carbonica, riflettendo anche sui temi di decolonizzazione e decarbonizzazione.

La direttrice Lesley Lokko, classe 1964, con una laurea in architettura alla Bartlett School of Architecture, dottorato alla London University, una tra i fondatori della prima scuola post-laurea di architettura nel continente africano, la Graduate School of Architecture (Gsa) di Johannesburg, ha sottolineato che una mostra di architettura è contemporaneamente un momento e un processo. Oltre alla narrazione, sono importanti anche le questioni legate alla produzione, alle risorse e alla rappresentazione che spesso vengono trascurate. È stato chiaro fin dall'inizio che la Mostra "The Laboratory of the Future" avrebbe adottato il concetto di "cambiamento " come elemento centrale, “un invito a immaginare diversamente, a fare le cose in modo diverso.”

All’interno del Laboratorio si trova uno spazio particolare, Il Carnival, che arricchisce il programma di “The Laboratory of the Future” durante i sei mesi della Mostra con incontri, conferenze, tavole rotonde, film e performance che mirano ad esplorare i temi della Biennale Architettura. Proprio a Carnival, Liam Young ha presentato a maggio un film su gigantesche infrastrutture che galleggiano in mezzo all’oceano: “The Great Endeavor” un film che vuole darci una visione positiva di un futuro dove sapremo collaborare in maniera pluridisciplinare per salvarci.

Holly Jean Buck, una scienziata socio-ambientale, insieme a Liam Young, propone un manifesto che va oltre la semplice riduzione delle future emissioni di anidride carbonica. La loro proposta è di sviluppare la capacità di rimuovere attivamente l'anidride carbonica dall'atmosfera e immagazzinarla nel sottosuolo. Questo progetto ambizioso richiederebbe il più grande sforzo di ingegneria nella storia umana e lo sviluppo di una nuova infrastruttura di dimensioni paragonabili a quella utilizzata dall'industria globale dei combustibili fossili. Chiamato "The Great Endeavor" (La Grande Impresa), questo è un tentativo utopico di coordinare azioni per "decolonizzare l'atmosfera".

Sul cantiere di queste infrastrutture fuori misura, ondeggianti, lavorano migliaia di persone coordinate al ritmo della Vocalist Lyra Pramuk. I costumi da lavoro sono stati disegnati dall’artista Ane Crabtree, con cui Liam aveva collaborato per i costumi di Planet City, esposti nel 2022 al MoMA. Liam Young è soprattutto un regista e designer speculativo nato in Australia. Ha sviluppato una reputazione significativa per il suo lavoro che unisce l'architettura, il cinema e la narrazione. Ha studiato architettura presso la Royal Melbourne Institute of Technology (RMIT) in Australia. Le sue opere sono state esposte in istituzioni e eventi di fama mondiale, tra cui la Biennale di Venezia 2021, il Museum of Modern Art (MoMA), il Victoria and Albert Museum (V&A).

Young è uno dei fondatori del think tank di Futuri Urbani: Tomorrows Thoughts Today e dello studio di ricerca nomade Unknown Fields. Young è stato in precedenza visiting professor di architettura all'Università di Princeton e attualmente ricopre una posizione presso l'Architectural Association di Londra e dirige il M.A. in Fiction and Entertainment presso il Southern California Institute of Architecture con Alexey Marfin a Los Angeles. Young ha collaborato con vari artisti, architetti e pensatori per immaginare e comunicare futuri alternativi. Il suo lavoro spesso esplora temi come l'impatto della tecnologia sulle città, il ruolo della sorveglianza e dei dati, la sostenibilità ambientale e le implicazioni sociali dell'urbanizzazione. I suoi film esplorano la relazione tra architettura, tecnologia e società, offrendo al pubblico prospettive uniche sull'ambiente costruito.

Liam Young immaginando le sedi di Facebook e Google, come ha scritto Andreea Cutieru su Archdaily, porta a una riflessione su un tipo di architettura in cui la scala umana non è più la misura predefinita dello spazio e in cui i parametri che definiscono l'oggetto costruito non si basano sulla condizione umana, sui segni culturali e sui modelli di movimento o orientamento. Nell'organizzazione spaziale sono imperativi il tempo, le esigenze tecniche e l'efficienza del processo. In questi paesaggi automatizzati, le persone sono semplicemente incaricate di supervisionare i processi automatizzati.

Apparentemente privi di qualità architettoniche e in un certo senso non progettati per le persone, ciò che distingue queste tipologie dall'infrastruttura è la loro relazione con il nostro paesaggio culturale. L'edificio anonimo che ospita i server di Google è, infatti, un archivio culturale per la società contemporanea. Secondo Rem Koolhaas la tipologia architettonica principale dei prossimi anni saranno proprio le banche dati.

Per capire meglio questo architetto visionario, vorrei citare i film che sono riusciti a cambiare il rapporto tra autore e spettatore coinvolgendolo con le stesse tecnologie che si rappresentano e criticano poi nei film. Primo tra tutti il film per cui l’ho conosciuto, "Planet City" (2021), un film sperimentale che immagina un'immensa e complessa città iperbolica, una grande Megalopoli di 10.000.000.000 di abitanti dove vive l’intera popolazione mondiale. Il film mostra Torri protette da facciate solari che producono l’energia sufficiente a tutti gli abitanti e orti urbani per l’agricoltura.

In ogni quartiere vengono celebrate danze tradizionali, 365 danze, una al giorno per raccontare le culture di Planet City. Ogni quartiere si rappresenta attraverso ritmi tribali, musica elettronica, costumi selvaggi e innovativi allo stesso tempo, creati dall’artista Ane Crabtree, costumista di Handmaid's Tale, Westworld e Invasion e con uno straordinario gruppo di artisti e maker provenienti da tutto il mondo.

"In the Robot Skies" un cortometraggio realizzato nel 2016, l’autore affronta i temi della sorveglianza. Il film sperimentale esplora la vita quotidiana in una città futuristica utilizzando droni per la ripresa e la narrazione. Il film è stato realizzato in collaborazione con il regista di drone cinematografico Derek Lamberton e il compositore Forest Swords. Le scene sono state girate interamente con l'uso di droni, che fungono da occhi volanti per raccontare la storia.

La trama segue due personaggi, James e Mary, che comunicano attraverso una serie di droni che pattugliano il cielo della città. I droni fungono da intermediari, osservando e registrando le loro interazioni. La storia si sviluppa attraverso le prospettive dei droni, fornendo un punto di vista unico sulla vita nella città futuristica. L' autore esplora temi attuali come la tecnologia e l'intimità nelle città del futuro. Il film offre uno sguardo suggestivo sulle dinamiche sociali e il modo in cui le tecnologie emergenti possono influenzare la nostra esperienza urbana. Il cortometraggio è stato presentato in diverse mostre e festival cinematografici ed è stato ampiamente elogiato per la sua innovazione nel modo di utilizzare i droni come strumenti cinematografici.

Anche in "Where the City Can't See", un cortometraggio del 2016, girato interamente in realtà virtuale, seguiamo una serie di personaggi in una Detroit futuristica e industriale. I personaggi si muovono attraverso la città di Detroit di notte, esplorando gli spazi abbandonati e le strutture industriali. La storia si svolge in un futuro in cui l'uso della tecnologia e della realtà virtuale è pervasivo nella vita quotidiana.

"Where the City Can't See" esplora temi come la tecnologia, l'intelligenza artificiale, la sorveglianza e la relazione tra gli esseri umani e l'ambiente costruito. Il film offre uno sguardo speculativo su come la città e la vita urbana potrebbero evolversi in un futuro prossimo. Uno degli aspetti distintivi di questo cortometraggio è stato l’utilizzo innovativo della tecnologia di realtà virtuale. Gli spettatori sono immersi nella prospettiva dei personaggi, vivendo l'esperienza attraverso i loro occhi e partecipando attivamente alla narrazione.

Di nuovo lo spettatore è anche regista, attore e protagonista. Il cortometraggio ha dimostrato la capacità di Liam Young di esplorare le potenzialità narrative e visive della tecnologia emergente e di creare esperienze coinvolgenti che spingono i confini del cinema tradizionale al di là della relazione statica con lo spettatore, stimolando l’immaginazione e la partecipazione del pubblico. "Under Tomorrow's Sky" (2013) è invece un progetto diverso e il primo davvero importante. Un progetto di narrativa spaziale composto da una serie di storie, video e installazioni, che esplora il futuro delle città attraverso visioni speculative.

Il progetto si concentra sulle sfide e le possibilità che le città del futuro potrebbero affrontare. Esplora temi come la sovrappopolazione, la tecnologia avanzata, l'urbanizzazione e l'impatto ambientale. Attraverso una combinazione di narrazione, immagini e installazioni, Young ha creato un'esperienza che invita il pubblico a riflettere sulle conseguenze delle scelte attuali sulla forma delle città di domani. Il progetto include anche collaborazioni con artisti, architetti, scrittori e designer. "Under Tomorrow's Sky" è stato esposto in varie istituzioni e mostre internazionali, offrendo al pubblico una visione provocatoria e stimolante del futuro delle città. Ha contribuito a consolidare la reputazione di Liam Young come pensatore speculativo e innovatore nel campo dell'architettura e del design.

Ma Liam Young non è il primo architetto a credere nell’immaginazione e nella realtà virtuale come strumento partecipativo per visualizzare un futuro ottimista, per esempio lo studio di Architettura Diller Scofidio + Renfro di New York ha una lunga storia di collaborazioni multidisciplinari che abbracciano il cinema, la performance e l'arte. Il loro progetto più importante è il Blur Building per l'Expo 2002 in Svizzera, che ha fornito una straordinaria esperienza spaziale e sensoriale ai visitatori.

Il Blur Building è un'architettura atmosferica, una massa di nebbia generata da forze naturali e artificiali. L'acqua viene pompata dal Lago di Neuchâtel, filtrata e spruzzata come una sottile nebbia attraverso 35.000 ugelli ad alta pressione. Un sistema meteorologico intelligente legge le mutevoli condizioni climatiche di temperatura, umidità, velocità e direzione del vento e regola la pressione dell'acqua in diverse zone. Entrando nel Blur, le referenze visive e acustiche vengono cancellate. C'è solo una "schermatura ottica" e il "rumore bianco" degli ugelli pulsanti.

A differenza degli ambienti immersivi che cercano una fedeltà visiva in alta definizione con una sempre maggiore virtuosità tecnica, il Blur è decisamente a bassa definizione. In questo padiglione espositivo non c'è nulla da vedere se non la nostra dipendenza stessa dalla visione. È un esperimento di de-emphasis su scala ambientale. Il movimento al suo interno non è regolamentato. Il pubblico può salire fino all'Angel Deck attraverso una scala che emerge dalla nebbia verso il cielo azzurro. L'acqua non è solo il sito e il materiale principale dell'edificio; è anche un piacere culinario. Il pubblico può bere l'edificio. All'interno, c'è un ambiente acustico immersivo creato da Christian Marclay.

Conclusione

La crisi climatica in corso, evidente anche nelle recenti situazioni meteorologiche in Italia, coinvolge profondamente il mondo della ricerca e della progettazione, mettendo in discussione qualsiasi soluzione apparentemente risolutiva. L'architettura stessa si trova vulnerabile di fronte a questa crisi climatica che supera i confini delle singole discipline. Secondo Lesley Lokko, "il futuro non è un copione da scrivere da zero, si trova nei vuoti del presente". Marina Otero Verzier, Direttrice delle Ricerche presso Het Nieuwe Instituut (HNI), sottolinea che le miniere di litio, i parchi eolici e i pannelli solari sono parte integrante degli sforzi di decarbonizzazione per affrontare i peggiori impatti del cambiamento climatico. Tuttavia, questa transizione è vana se non viene affrontata insieme a una riconsiderazione etica di una società fondata sull'esplorazione, lo sfruttamento e il consumismo.

Lesley Lokko afferma che “La via da seguire è indicata dalle parole di Thomas Sankara, ex presidente del Burkina Faso e leader carismatico dell'Africa occidentale sub-sahariana: "Dobbiamo osare per inventare il futuro". Tutto ciò deve avvenire senza lasciare indietro nessuno, seguendo il principio di "Leaving no one behind" dell'Agenda 2030 dell'ONU, che richiede il rispetto, la protezione e la promozione dei diritti umani da parte di tutti i paesi.”

La Biennale di Architettura non offre soluzioni o ricette, ma definisce l'agenda per il pianeta, invitando a ripensare l'architettura in un mondo di risorse limitate. È un appello a comprendere che le scelte che facciamo hanno impatti a lungo termine, sia in termini di occupazione degli spazi che di utilizzo dei materiali. Concepire nuovi modi di vivere e ripensare la produzione stessa è un tema politico ed economico di grande rilevanza.

Il lavoro di immaginazione di Young è essenziale perché ci permette di sfidare le concezioni predefinite e di esplorare possibilità alternative. Ci incoraggia a pensare oltre i limiti attuali e a considerare soluzioni innovative per i problemi che affrontiamo come società. Ci aiuta a stimolare la nostra creatività e ad adottare un approccio proattivo nel plasmare l'avvenire.

Osare inventare l'avvenire richiede coraggio e apertura mentale. Le opere di Young ci invitano a rompere gli schemi e a immaginare soluzioni audaci che potrebbero trasformare il nostro mondo. La sua visione ci spinge a considerare l'architettura non solo come un'arte estetica, ma come uno strumento per la trasformazione sociale e la creazione di ambienti più sostenibil e inclusivi.