La basilica paleocristiana chiamata comunemente di San Vitale, collocata nel centrale rione Monti a Roma, è in realtà dedicata ai Santi Vitale, Valeria, Gervasio e Protasio Martiri in Fovea. La basilica trae la sua origine da un oratorio risalente al IV secolo, dedicato ai figli di San Vitale, i santi martiri di origini milanesi, Protasio e Gervasio.

Antichi restauri

Consacrata nel 402 da Innocenzo I (401-417), fu restaurata dapprima da Leone III (795-816) e successivamente nel basso medioevo.

L'originaria fabbrica annoverava tre navate ritmate da due file di colonne, con un antistante nartece, sotto papa Sisto IV della Rovere (1471-1484), precisamente nel 1475, il tempio venne ridotto a una sola navata.

Clemente VIII Aldobrandini (1592-1605) nel 1595 concesse la basilica per il noviziato della Compagnia di Gesù, che avviò un impegnativo restauro che tra l’altro trasformò l'antico portico in vestibolo interessando anche l'apparato decorativo. I citati lavori furono finanziati da Isabella Della Rovere (1554-1619), principessa di Urbino e Bisignano.

Nel 1773, dopo la soppressione della Compagnia di Gesù, la chiesa fu affidata al clero diocesano ma nel 1814, con il ripristino della Compagnia, questa riottenne l’affidamento.

Per iniziativa di Pio IX Mastai-Ferretti (1846-1870), nel 1859, il tempio fu restaurato nuovamente e venne realizzata la particolare scalinata d'accesso, in discesa a causa della apertura di via Nazionale che ha causato l’innalzamento del piano stradale.

Nel biennio 1937-38 è stato effettuato un delicato intervento di restauro volto al ripristino delle forme originarie del prospetto principale, riconvertendo il vestibolo del Cinquecento in portico poggiante su cinque colonne. Contestualmente a una vasta indagine archeologica nel sito, nel 1959-60 sono stati realizzati altri interventi conservativi.

La chiesa è stata interessata da ulteriori lavori di restauro architettonico e storico artistico a iniziare dal 2005, questi hanno interessato soprattutto le coperture e i dipinti murali interni.

Prospetto principale e interno

La facciata a capanna, aperta in alto da un'unica finestra rettangolare, è preceduta da un nartece a cinque arcate a tutto sesto, impostate su quattro colonne e due pilastri laterali, con capitelli degli inizi del V secolo. Al lato del portale sono state parzialmente rimesse in luce le colonne della facciata paleocristiana.

La porta a battenti, eseguita quasi certamente da Giacomo Taurino tra il 1611 e il 1615 vede le raffigurazioni dei santi Francesco Saverio, Santi Gervasio e Protasio, Sant’Ignazio di Loyola. Inoltre il Martirio dei santi Gervasio e Protasio e il Monogramma mariano. Il portale d’ingresso vede sull’architrave lo stemma di Sisto V e l’iscrizione commemorativa del restauro.

L'interno, a unica navata con abside semicircolare, annovera straordinarie opere artistiche, tra queste, nell'abside, Gesù Cristo cade sotto la croce e Storie del martirio dei santi Gervasio e Protasio (1600 ca.), affreschi del pittore fiorentino Andrea Commodi (1560-1638). Alle pareti del presbiterio, Tortura e martirio di san Vitale (1595), affreschi del pittore fiorentino Agostino Ciampelli (1565-1630).

Lungo la navata sono collocati quattro altari con tre relative pale (la quarta è perduta), realizzate a olio su tela all'inizio del XVII secolo, attribuite al noto frate gesuita e pittore fiorentino Giovanni Battista Fiammeri (1530-1606) e alla sua cerchia, raffiguranti, al primo altare a destra, Santa Caterina d’Alessandria tra Santa Barbara e San’Orsola e altre sante vergini e martiri; al secondo altare a destra, Immacolata Concezione; al primo altare a sinistra, Santi confessori.

Alle pareti della navata si trovano due cicli di dipinti murali ad affresco eseguiti nel 1599 da Tarquinio Ligustri raffiguranti, nel registro inferiore, Storie di martiri, inserite in splenditi paesaggi, che dominano sulle piccole figure umane, storicizzando gli avvenimenti ma anche sottolineandone la tragicità, con iconografie a volte irreali. Nel registro superiore e in controfacciata abbiamo invece dei Profeti.

L’Immacolata Concezione

Nel citato dipinto la Vergine con una corona di stelle intorno al capo ascende al cielo contornata da nubi e cherubini, in cielo vi è la luna crescente, le sue mani sono giunte in preghiera e ai suoi piedi vi è un panorama che contiene molti altri simboli dell'Immacolata Concezione, come l’hortus conclusus, i gigli e le rose, fiori che rappresentano i suoi tipici simboli: i primi rappresentano la sua purezza, le seconde sono il simbolo di Maria, come Regina del Cielo e della terra. La luna crescente e la corona di stelle sono simboli tradizionali della “donna vestita di sole” (Virgo in Sole) descritta in Apocalisse 12:1-2. La luna è inoltre un antico simbolo di castità, derivato dalla dea romana Diana. Così come la luna riceve luce dal sole, la grazia di Maria deriva da Cristo, suo figlio.

Nel dipinto sono tuttavia presenti altri elementi simbolici, come ad esempio l’edificio circolare che brilla di luce solare in basso alla destra della Vergine, e quello parzialmente nascosto in ombra dietro, che alludono alla Torre di Davide e alla Torre d’Avorio, evocando inespugnabilità e purezza. Altro elemento simbolico nel dipinto è l’hortus conclusus che, nel campo dell’arte sacra, rappresenta l’immagine figurata del Paradiso terrestre e della verginità di Maria. Inoltre, lo specchio è un ulteriore rimando alla sua purezza, mentre la palma rappresenta la sua vittoria.

Il dipinto è di pregevole qualità esecutiva, tuttavia esprime nella forma una certa timidezza, probabilmente acuita dall’aderenza a un modello preindicato.

(Grazia Del Giudice)

Giovan Battista Fiammeri, pictor, statuarius, incisor

Giovan Battista Fiammeri nacque a Firenze nel 1530 dove, intorno al 1555, inizia l’apprendistato con Bartolomeo Ammannati. Nel 1561 il suo nome è riportato nei documenti relativi ai pagamenti per scolpire la statua di Nettuno per la fontana in Piazza della Signoria.

Fu nominato accademico del disegno dopo aver realizzato l’Allegoria dell’Arno, statua dipinta a finto marmo, collocata sul fronte principale del catafalco per le esequie di Michelangelo Buonarroti. La corrispondenza con l’Ammannati lo porta nell’Urbe dalla metà degli anni cinquanta del Cinquecento. Nel 1576 fu ammesso al noviziato gesuita e da questa data i registri gesuitici ne seguono le vicende biografiche. Viene ricordato come pictor, statuarius, incisor, comparendo ripetutamente nei pagamenti per la Cappella della Trinità nella Chiesa del Gesù.

Alla fine del Cinquecento viene nominato direttore della decorazione della basilica di San Vitale, sotto la supervisione delle immagini da parte del preposto generale dell’Ordine. L’artista, coordinatore e soprintendente della decorazione della Chiesa, il primo ciclo di pitture gesuitiche a Roma, vi ha lasciato quattro pale d’altare nella navata, una come accennato andata perduta, e un gruppo di opere che comprendono quattro sculture in stucco ai lati dell’altare maggiore.

Morì il 23 agosto del 1617 nel complesso monumentale del Collegio Romano.

I restauri in corso dell’Istituto Restauro Roma

Grazie a una convenzione tra la Soprintendenza speciale archeologia, belle arti e paesaggio di Roma, la basilica di San Vitale e l’Istituto Restauro Roma, gli allievi del citato Istituto, supportati da insigni Docenti come Laura Basile, Arabella Cilia, Grazia Del Giudice e Silvia Stortini, hanno realizzato numerosi restauri a opere provenienti dalla basilica. Le operazioni di restauro sono state eseguite sia nei laboratori interni all’Istituto che nei cantieri allestiti direttamente nella chiesa. Si tratta di opere storico artistiche, in particolare dipinti su supporto tessile e manufatti scolpiti in legno, e opere lapidee di competenza architettonica come i due portali marmorei collocati all’interno del tempio.

Tra gli arredi sacri lignei troviamo candelabri dorati e argentati; basi da appoggio, dorate, argentate e dipinte; un modello di tempietto; porta ostie con sportello; mensolone da appoggio in legno dorato; teste di angeli in legno dorato; ostensori reliquiari, tutti databili tra i secoli XVII e XVIII.

Inoltre un Crocifisso dipinto del sec. XVII; un dipinto raffigurante San Espedito del sec. XVII con cornice dorata; una Via Crucis costituita da 14 stazioni dipinte su supporto tessile della fine sec. XVIII; un dipinto a olio su tela raffigurante la Madonna del Sacro Cuore con cornice in legno intagliato e dorato a foglia del sec. XVIII; un Tabernacolo in legno dorato degli inizi del sec. XIX; un Cherubino in legno dorato della fine del sec. XVIII.

L’Istituto Restauro Roma, da oltre 40 anni opera nel campo della conservazione e del restauro dei beni culturali con specifica specializzazione in due settori: restauro di dipinti su tela, manufatti scolpiti in legno, arredi e strutture in legno; materiali lapidei derivati e superfici decorate dell’architettura. Obiettivo dei laboratori e dei cantieri esterni è la formazione professionale e l’aggiornamento tecnologico del restauratore con l’integrazione tra il patrimonio tecnico-artistico tradizionale e le più moderne tecnologie e nuove tendenze del settore. I citati laboratori, afferenti all’insegnamento Discipline tecniche del restauro, sono in grado di formare operatori competenti ed altamente qualificati, fornendo agli allievi provenienti dalle diverse realtà nazionali ed internazionali, i più validi strumenti operativi sia secondo i principi delle “carte del restauro” che secondo le tecniche codificate ed aggiornate, offrendo nel contempo, nuovi sbocchi professionali nell’ambito della tutela, valorizzazione e conservazione dei beni storico artistici e culturali.