Percorso professionale e formativo non scontato quello di fermarsi e dare ascolto e voce alle emozioni che germinano nel prendersi cura delle persone, in qualsiasi ambito, ma in particolare in quello sanitario.

Questa è la straordinaria esperienza di donne che hanno fortemente voluto confrontarsi e scoprire assieme quali ricchezze, insieme alle difficoltà si generano nella professione sanitaria, dove la relazione che si instaura tra chi necessita e chi offre cura è di una intensità tale che tocca profondamente anche se, a volte, all’insaputa dei protagonisti.

Ma questi accadimenti emotivi sono reali, tangibili e hanno bisogno di essere riconosciuti e pensati, costituiscono quel “noto non pensato” che ci forma e ci muove, quel sapere implicito che ci colora e ci connota e queste donne che lavorano in ambito sanitario si sono incontrate, si sono guardate, si sono raccontate, si sono reciprocamente supportate e hanno sentito il bisogno di dare nome e “statuto” ai loro scambi esperienziali. La creatività co-generata dai loro incontri, infatti, ha “inventato” e costituito l’Emozionario dei professionisti sanitari, testimonianza del loro lavoro di ricerca, di confronto, di esternalizzazione delle onde emotive da cui sono state attraversate e che continuamente vibrano nella loro professione, se non si ha paura di ascoltarle.

Eccole qui, una ad una, dare voce alla propria esperienza, la loro testimonianza di cura, cura per la vita che diventa poesia. Voci ascoltate e raccolte, con cura, da Giovanni Zaccherini.

Titti De Simone, infermiera

Mi chiamo Titti De Simone e sono una infermiera. Figlia del Vesuvio e di Partenope vivo da 15 anni a Milano dove mi sono laureata in Infermieristica con un lavoro di tesi sulla compassion fatigue, la fatica del prendersi cura. Lavoro come infermiera presso un importante ospedale milanese ed in questi anni ho avuto la fortuna di vivere diversi setting assistenziali passando dalla nascita (neonatologia) alla morte (hospice) attraverso la cronicità (dialisi) e la malattia (medicina interna e dca).

Da quali esperienze è nata l’idea dell’Emozionario?

È nata da una urgenza personale. Sono una infermiera ed il Covid ha fatto deflagrare il mio bisogno di parlare di emozioni, di prendermi cura di me stessa e della comunità che orgogliosamente abito creando una casa per chi, come me, necessita di uno spazio in cui condividere storie e narrazioni, in cui sentirsi meno soli, un posto dove ridisegnare i confini delle proprie consapevolezze e ritrovare il senso alle storie che viviamo ogni giorno accanto alle persone che assistiamo.

Nasce come Emozionario dei professionisti sanitari per il desiderio di accogliere anche altre figure di cura all’interno del gruppo di lavoro, ognuna delle figure professionali che, a vario titolo, instaura una relazione di cura con la persona assistita.

Ce ne può sintetizzare le finalità e la realizzazione operativa?

I nostri ambiziosi obiettivi sono lo sviluppo dell’intelligenza emotiva, la presa di coscienza del diritto all’autocura. Tutto questo speriamo possano trasformarsi in miglioramento del benessere professionale e psicologico. Cerchiamo di farlo attraverso il potere del gruppo, il Covid ha accorciato le distanze e Facebook è diventata la nostra casa virtuale, ci ritroviamo sulla pagina “Emozionario dei professionisti sanitari” per elaborare sentimenti ed emozioni durante dirette in cui coinvolgiamo psicologi, filosofi, formatori, infermieri. Un percorso di alfabetizzazione emotiva a cui si accompagna la condivisione di strumenti di autocura grazie all’iniziativa “Lo zainetto del benessere”. Le basi teoriche a cui ci appoggiamo sono la medicina narrativa e la psicologia positiva.

A distanza di circa un anno dall’inizio del progetto, come valuta la partecipazione dei professionisti sanitari e quali problematiche sono emerse?

A novembre abbiamo realizzato un convegno per Opi MiLoMb in cui hanno partecipato 100 colleghi in presenza, in tale sede abbiamo elaborato l’emozione della gratitudine, ne abbiamo in programma altri 3 per il 2022 e speriamo di poter portare questo progetto anche nelle università e negli ospedali.

Le nostre dirette Facebook raggiungono migliaia di colleghi in tutta Italia. Attualmente le componenti del gruppo sono 10, tutte infermiere che vivono contesti e luoghi di cura diversi occupando posizioni di vario tipo nelle organizzazioni (territorio, università, ospedali) tra Italia e Svizzera.

Gli infermieri sono psicologicamente affaticati, hanno bisogno di spazi e luoghi di cura. Il 13 gennaio 2022 sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri è stato pubblicato un documento del Comitato Nazionale di Bioetica dal titolo Vulnerabilità e cura nel welfare di comunità. Il ruolo dello spazio etico per un dibattito pubblico. In questo documento si parla della necessità di creare strategie in grado di accrescere il benessere della comunità attraverso la nascita di luoghi di ascolto e cura in cui decantare e condividere esperienze di prossimità sul modello dell’Espace Ethique de l’Assistance Publique francese.

Abbiamo bisogno di percorsi strutturati che decidano di farsi carico della manutenzione emotiva di una categoria di operatori che della relazione fanno competenza e risorsa, in gruppi tra pari in cui scambiarsi idee, energie e coraggi, punti di vista che diventano prospettive, visioni che diventano progetti, speranze che diventano nuove energie per costruire.

Isabella Scanniffio, infermiera

Sono Isabella Scanniffio, ho 48 anni e sono diplomata in Infermieristica dal 1995. Ho iniziato la mia carriera presso I’Istituto Geriatrico Redaelli di Milano. Successivamente presso l’Ospedale Regina Elena, Istituto Nazionale dei Tumori ed attualmente al San Carlo Borromeo di Milano.

Durante questi anni, ho sentito il bisogno di avvicinarmi alla medicina olistica partendo dall'ascolto di un disagio interiore partecipando a corsi Reiki, meditazioni e di riflessologia plantare ottenendone i relativi attestati. Poi un corso organizzato, diversi anni fa dall'Ipasvi sul benessere organizzativo aziendale portò la mia anima in quella direzione. Per stare bene al lavoro occorre prendersi cura di diversi fattori, ancor di più se fai l'infermiere. Il mio sguardo è rivolto alla umanizzazione della medicina e al benessere degli operatori.

Nell’Emozionario si è occupata di registrare e catalogare le proposte, i suggerimenti, i problemi di chi aveva risposto al progetto: ce ne può citare i principali?

La raccolta delle testimonianze era contestuale alle parole analizzate durante le dirette Facebook anche se inizialmente il contenuto era relativo al turbinio che l'emergenza sanitaria aveva portato. Ognuno condivideva con propria modalità. Sono giunti scritti, composizioni poetiche, foto simboliche. Questo ci ha permesso di connetterci attraverso le emozioni di numerosi colleghi in modo semplice ma allo stesso tempo intimo.

Lei, in particolare, ci può descrivere qualche situazione o episodio della sua attività professionale, che abbia suscitato in lei, in negativo o in positivo, forti emozioni?

Le racconto quella più recente che mi emozionò perché feci una cosa mai fatta prima; imboccare un tetraplegico, non disfagico, nella modalità da lui richiesta. Inzuppare i biscotti e portandoli alla bocca e di bere il latte direttamente dalla tazza. Generalmente per la fretta creiamo una zuppa densa di latte e biscotti e per bere forniamo una cannuccia. Riscoprii la bellezza di quella gestualità negata al paziente per la sua paresi. I miei occhi divennero un ingorgo del cuore.

Come si possono trasformare le proprie emozioni per renderle strumento di consapevolezza interiore e contribuire al benessere del paziente?

Divenire consapevoli delle proprie emozioni comporta un ascolto intimo ed intenso con se stessi. Solo così possiamo riconoscerle e agire affinché queste non rechino danno. Se un operatore si prende cura di questo sarà sicuramente una persona in grado di approcciarsi con il giusto atteggiamento verso il degente. La gestione dell'intelligenza emotiva dovrebbe essere una materia scolastica e facente parte della formazione aziendale ospedaliera. La chiave giusta è comprendere che siamo emozioni che si muovono, ed in corsia, corrono in modo molto caotico, colpiscono e spesso feriscono. Questo non si può più trascurare… cementati, stipati in fondo alla mente, che molto spesso gestisce tutto oscurando il cuore e l'anima.

Giovanna Degni, infermiera

Chi è Alma? Cosa rappresenta nell’Emozionario?

Alma è una accompagnatrice, nei meandri di quegli spazi limitanti la nostra parte emotiva. lei sta seduta di spalle, osserva verso l'infinito e verso il futuro, lasciando alle spalle ciò che è stato, non ha voglia di caos, preferisce il dialogo con la solitudine per raccogliere pensieri positivi e dare forma, senza alibi, a nuovi atteggiamenti di vita con vibrazioni differenti.

Alma è seduta in giardino, ci sono tutti i suoi pensieri ed emozioni, semi, ben stipati come fossero in letargo e vuol farli ri-nascere, ri-generare, vuol far evolvere attraverso la cura e l'auto cura, come se innaffiasse, così ha con sé, il suo zainetto del benessere, esso contiene tutto il necessario per il benessere psicofisico e la cura di sé e dell'altro.

Alma cerca il miglior equilibrio per donare guarigione e si mette in discussione per centrare meglio se stessa attraverso l'ascolto di sé e si mette a disposizione dell'anima, donando strumenti ma non solo; invia messaggi, spunti di riflessione, punti di partenza per imparare la cura di sé sottolinea l'importanza dello stare bene.

Alma accompagna in un viaggio di nuove ri-scoperte.

Alma ha sempre con sé lo “zainetto del benessere”: ce lo può aprire?

Nello zainetto del benessere sono posti gli strumenti di facile utilizzo per affrontare le sfide della quotidianità. All'interno di esso tecniche e metodologie per gestire lo stress lavoro correlato e non solo, nello zainetto son posti kit per le emergenze, quelle che fanno tornare a respirare; sì respirare, questo magnifico dono che ci permette di vivere ma che difficilmente sappiamo utilizzare, il potere del respiro. Esso è vita e troppo spesso lo smorziamo. Il respiro ci porta alla consapevolezza e se si riesce a gestire il respiro si diventa padroni di sé. Il respiro è prana.

Alma, l'esploratrice dell'anima, indossa lo zainetto e ci accompagna in questo viaggio di scoperte nei meandri di corpo, mente ed anima, nel tempo come CO-ME-TE (corpo-mente-tempo), nello zainetto sono comprese più figure professionali, che aiutano il nostro obiettivo: il benessere.

È un’illustratrice dell’Emozionario, e non solo: che emozioni le dà creare immagini?

Ho avuto l’opportunità di dar voce ad Alma, la mascotte dell'Emozionario colei che porta il messaggio e un insegnamento. Essere la mamma di Alma mi ha donato energia e messa in discussione un po’ come quando si ha un figlio.

Alma è la mia creatura nata da un sentire dell'anima di Titti [De Simone n.d.a.] e vederla crescere è automaticamente parificabile alla mia evoluzione, alla mia crescita. Creare immagini equivale ad essere liberi.

Non si può gestire un poeta, dirigerlo; lo stesso vale per chi disegna, l'emozione più forte è la gioia nel dare, nel donare, la potenza energetica che ne scaturisce è come vivere una storia d'amore tra me, la mia anima e chi riceve.

Disegnare è energia, vibrazione è la traduzione della bellezza interiore; creare immagine è trasmettere un messaggio, che poi alla fine, ognuno leggerà e farà proprio, da cui trarrà risposte, ispirazioni, così come sente in un determinato momento.

Il disegno, i colori, sono energia, potenza di trasmissione.

Nadia Muscialini, psicoanalista, saggista, dirigente psicologa SSN

Come psicoanalista e dirigente psicologa di un grande ospedale milanese, qual è lo stato di salute psichica del personale sanitario, con particolare riferimento al settore infermieristico?

Il benessere dei sanitari era già in sofferenza prima della pandemia a causa della scarsezza di risorse umane del nostro sistema sanitario e della non sufficiente attenzione al benessere e alla qualità della vita dei professionisti della cura; la carenza di attenzione dell’organizzazione lavorativa al benessere dei sanitari attraverso la messa a punto di un equilibrato rapporto tra lavoro e ristoro ha inevitabili ripercussioni sulla qualità della vita dei professionisti della cura e della salute.

Dopo due anni di “emergenza” pandemica le criticità legate al lavoro dei sanitari si sono amplificate in misura esponenziale e hanno portato in primo piano, almeno teorico, la necessità di occuparsi del loro benessere prendendosi cura anche del loro vissuto emotivo e operando concrete azioni di prevenzione e cura di stress e burn out.

Tale attenzione si è concentrata soprattutto nel periodo iniziale dell’emergenza sanitaria tra marzo e maggio del 2020, quando l’inaspettato impatto dell’epidemia da SarsCov-19 era completamente sconosciuto e ha coinvolto e piegato l’intero sistema di cure nel fronteggiare un’infezione altamente trasmissibile e al tempo stesso senza misure terapeutiche adeguate di contrasto. Tutti i sanitari coinvolti hanno partecipato attivamente e in trincea alla cura degli ammalati, al conforto dei familiari e per riuscire a porre fine alle numerosissime morti causate dal virus sconosciuto.

Gli infermieri nella loro pratica quotidiana di assistenza sono particolarmente esposti al rischio di esaurimento fisico e mentale, tecnicamente chiamato burn out, poiché operano molte ore in prossimità fisica e mentale con i loro assistiti. Il contatto fisico e la prossimità alle emozioni degli ammalati li espone quotidianamente e in maniera cumulativa agli effetti di sofferenza fisica e mentale con cui vengono a contatto. La sovra esposizione a situazioni di impotenza e di morte durante la pandemia è stata per molti sanitari la miccia che ha fatto deflagrare il già compromesso ordigno umano che si muove quotidianamente all’interno delle strutture della cura, provocando spesso un vero e proprio collasso del delicato equilibrio che si era creato tra stress e soddisfazioni della cura.

L’infermiera è il primo tramite tra il paziente e la cura, la persona che per prima viene investita, a pelle, del disagio e della sofferenza. Questa intimità così importante ai fini della guarigione, come può essere accettata e condivisa in un sano equilibrio emotivo?

La prossimità fisica e mentale tra persona malata e “guaritore” può essere un potente fattore positivo nel processo di cura, guarigione o nel compassionevole accompagnamento al fine vita. Il tocco gentile e attento di chi si occupa del corpo malato e sofferente è elemento essenziale per una buona qualità di vita dei pazienti e degli operatori sanitari stessi; per poter essere attuato con gentilezza e in scienza e coscienza l’intimità e la prossimità tra curato e curante devono essere dosate e contenute nelle giuste condizioni e setting. Setting esterno ma soprattutto interno. Nessuno si stupisce del fatto che per effettuare un intervento chirurgico sia necessario operare con strumenti medicali e non con coltello e forchetta, meno chiaro è che per poter offrire cure empatiche, vicinanza, conforto, tempo e disponibilità in una cura personalizzata occorre avere un apparato mentale funzionante e depurato dalle scorie che troppo lavoro o la vicinanza costante con dolore e sofferenza può creare.

Affinché un sanitario possa avvicinarsi e “toccare” con gentilezza, delicatezza ed efficacia il corpo e lo spirito delle persone a cui deve dare le proprie cure deve essere messo in condizioni di vivere e prestare la propria opera in uno stato di benessere ed equilibrio psico fisico. Solo un corpo sano e una mente equilibrata e gioiosa possono permettere all’infermiere di avvicinarsi al paziente alla giusta distanza che sta di volta in volta in una posizione di equilibrio tra empatia, sapere e tecnica.

L’Emozionario dei professionisti sanitari si ripropone principalmente di rispondere allo stato di disagio professionale e di affaticamento emotivo di chi opera nella sanità: che suggerimenti darebbe per aprire la strada a quel benessere professionale di chi si deve prendere cura di sé per meglio prendersi cura degli altri?

L’Emozionario è un progetto concreto e lodevole di auto cura attivato dai sanitari stessi per colmare una carenza cronica dei datori di lavoro in tema di sicurezza e benessere poiché, direi in maniera quasi universale, si occupano, attraverso i servizi di medicina del lavoro, di effettuare una valutazione dell’idoneità (fisica) alla mansione dimenticandosi quasi sempre di valutare il benessere psichico e lo stato di stress e burn out del professionista e, se rilevato, di fornire gli strumenti adeguati per prendersene cura. La valutazione del benessere del lavoratore - pur essendo egregiamente prescritta dalla normativa in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro - è scarsamente applicata nella pratica quotidiana dei servizi e strutture preposte. Peccato originario delle strutture sanitarie che perpetuano lo stato di fatica cronica dei sanitari con le prevedibili ripercussioni su ammalati e familiari.

Un’adeguata valutazione del benessere lavorativo di ogni professionista deve prevedere, oltre ad una onesta e trasparente valutazione dei carichi di lavoro, la collocazione di ogni singolo professionista sanitario in base all’anzianità, all’esperienza professionale, all’età, alla situazione personale e familiare; è inoltre indispensabile e non più procrastinabile offrire presidi permanenti e non emergenziali di condivisione delle esperienze emotive e dei vissuti a cui il contatto quotidiano con persone sofferenti e i loro familiari espone.

Dolore, morte, sofferenza vanno condivise all’interno di un’equipe di lavoro e quivi elaborate affinché il loro effetto deflagrante nel guaritore possa essere neutralizzato e posto al servizio di un processo di cura fatto di competenza tecnica e atteggiamento empatico.

Vorrei da ultimo sottolineare che l’Emozionario nasce e continua a crescere grazie alle mani e al pensiero di Donne della Cura, che tessono quotidianamente relazioni, innovazioni e strumenti di guarigione.