Aveva ventisette anni Emilio Isgrò (Barcellona Pozzo di Gotto, Messina, 1937) quando lavorava al Gazzettino di Venezia (1960-1967) come responsabile delle pagine culturali. E proprio da lì, correggendo i “pezzi”, che inizia a sperimentare la cancellatura con valore pittorico, per trasformarla in idea o immagine, cimentandosi in quella che in breve tempo sarebbe diventato il suo linguaggio, innovativo e composito.

Da quel momento non ha più smesso di tagliare e dare strisciate di nero, dando vita, a partire dagli anni ‘60, a un’opera tra le più rivoluzionarie e originale, che gli ha valso diverse partecipazioni alla Biennale di Venezia (1972, 1978, 1986, 1993) e il primo premio alla Biennale di San Paolo (1977).

E oggi, che vive e lavora a Milano, all’età di 84 anni, la sua avventura creativa diventata arte, è ampiamente raccontata (dopo l’ultima personale nel 2019 curata da Germano Celant alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia) in un progetto culturale dal titolo Isgrò, Dante e la Sicilia, (dicembre 2021-ottobre 2022) promosso da Fondazione Sicilia e Amici dei Musei Siciliani in collaborazione con Archivio Emilio Isgrò e la partecipazione di Fondazione per l’Arte e la Cultura Lauro Chiazzese.

Primo appuntamento, dal 12 dicembre fino al 14 marzo 2022, nelle sale di Villa Zito, sede della Pinacoteca della Fondazione Sicilia.

La mostra curata da Marco Bazzini e Bruno Corà, presenta circa venti opere a tema dantesco, concentrate sul De vulgari eloquentia, provenienti da collezioni pubbliche e private, che raccontano il poliedrico e intenso rapporto che Isgrò ha avuto con il padre della lingua italiana, di cui è ricorso nel 2021 il settecentesimo anniversario della morte.

Artista dal talento poliedrico, pittore ma anche poeta, scrittore e regista, Emilio Isgrò è uno dei nomi più conosciuti nel panorama dell’arte contemporanea internazionale. Negli oltre cinquant’anni della sua professione artistica, da quando ha iniziato a tagliare parole e immagini su materiali a stampa, la figura e i testi del sommo poeta sono stati oggetto di studio della ricerca artistica di Isgrò.

Le prime opere dedicate all’autore della Divina Commedia, risalgono alla metà degli anni Sessanta alcune “dipinte” anche con il colore bianco, come quelli dedicati al Paradiso nei primi anni Ottanta, fino ad arrivare all’opera Monumento all’Inferno, realizzato nel 2018 per l’università IULM di Milano.

Dante è stato soggetto di numerosi lavori, tra cui quello di poesia visiva in cui si legge che “Dante and Beatrice never meet”, e il ritratto a figura intera in cui “nasconde” il poeta con cancellature nere o bianche, come nelle grandi tele realizzate negli ultimi anni.

E ancora con altri autori quali, Alessandro Manzoni (il suo ritratto cancellato alle Gallerie d'Italia e 35 volumi de I Promessi sposi alla Casa del Manzoni a Milano), Galileo Galilei, Giacomo Puccini e Giotto, l’artista siciliano ha utilizzato la stessa tecnica, a dimostrazione di come si sia sempre confrontato con l’alta cultura di tutti i secoli rendendola comprensibile al vasto pubblico attraverso il linguaggio rivoluzionario e universale, aprendo la strada a un nuovo modo di intendere il valore della parola e della comunicazione. “

La cancellatura esalta la forza della parola così tanto eloquente da trasformarsi in idea o immagine. Cancellare, in fondo, significa scegliere, preservare ciò che resta, esaltarlo e nello stesso tempo dare un nuovo significato da attribuire alle cose. È un gesto contraddittorio tra distruzione e ricostruzione. Le parole non vengono oltraggiate dai depennamenti ma attraverso questi restituiscono nuova linfa e vigore, spiegando più cose di quanto non dicano. La cancellatura non è una banale negazione ma piuttosto l’affermazione di nuovi significati: è la trasformazione di un segno negativo in gesto positivo.

Si potrebbe quindi affermare: così come Dante ha fatto con la lingua, trasformandola in qualcosa che permette di parlare di tutto, Isgrò ha fatto con la cancellatura, che permette di esprimere molte più concetti di quanto normalmente si pensi.

Seconda tappa del corpus artistico, il 5 marzo 2022 a Palazzo Branciforte per la presentazione, Seme d’arancia su pietra siciliana, di recente acquisita alla collezione di Fondazione Sicilia, tra le sculture più note di Isgrò, nata nel 1998 come opera pubblica per la sua città natale, Barcellona Pozzo di Gotto (Sicilia). Una grande metafora della cultura siciliana e della sua possibilità di rinascita rimanda alle culture del Mediterraneo, solari e avvolgenti, che si sono sviluppate tanto con la parola che con gli scambi dando vita a valori di convivenza civile e di accoglienza.

L’Oratorio di San Lorenzo, nel cuore del centro storico di Palermo, ospiterà la terza tappa del viaggio artistico di Isgrò, dal 24 dicembre al 17 ottobre 2022, cinquantatreesimo anniversario del trafugamento della Natività di Caravaggio dall’Oratorio di San Lorenzo, di cui ancora oggi si tenta il recupero. Il maestro si misura con l’iconografia della Natività, integrando e compenetrando all’interno della composizione dettagli grafici in maniera singolare, in una ambientazione architettonica inglobante e avvolgente.

Poeta tra i più rappresentativi della poesia figurativa negli anni Sessanta, romanziere e drammaturgo (noto per l’Orestea di Gibellina, in scena nel 1983), Emilio Isgrò ha trascorso la vita a misurarsi con il linguaggio visivo, dalle pagine della Divina Commedia, dei codici ottomani, della Costituzione italiana (2011, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma) passando per quelle dell’Enciclopedia Treccani e del Don Chisciotte, ma anche intervenendo sul Manifesto del Futurismo e le città delle cartine geografiche e dei mappamondi.