Forse la bella Venere ha dato origine al nome (Venusia), oppure ci ha pensato l’abbondanza dei vini locali prelibati nel passato come ai giorni nostri (Vinosa), è ufficiale che Venosa è la versione in italiano del nome originale latino Venusia, fondata da un insediamento strappato dai Romani ai Sanniti nel 291 a.C. dal console Lucio Postumio Megello, che ne fece una colonia trasferendo sul posto circa 20.000 persone.

Le origini della cittadina sono comunque antichissime, tanto che le tracce di una necropoli neolitica certificano la presenza umana già dalla Preistoria, in seguito molti popoli hanno lasciato il loro segno su questi territori: Sanniti, Romani, Ebrei, Goti, Longobardi, Saraceni, Bizantini, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli. Passeggiare nelle strade e nei luoghi di Venosa, per un occhio esperto ed attento, equivale a sfogliare un libro di storia, una semplice iscrizione, una colonna, una pietra dimenticata in un crocevia possono portare alla memoria fatti del passato documentati o immaginati nel proprio bagaglio di cultura.

Al Parco Archeologico si visitano le terme romane, resti di domus private e l’anfiteatro, le catacombe ebraiche e un sito paleolitico risalente a un intervallo di tempo compreso tra 600 mila e 300 mila anni fa.

Saraceni e Normanni e vari signori feudali, fino ad una stabilità con gli Orsini e con la dominazione di Pirro Del Balzo, il cui castello del 1470 veglia ancora sulle stradine del borgo antico e la cui cattedrale di Sant’Andrea venne consacrata dopo la sua morte nel 1531.

Aragonesi, nobili e signori hanno accompagnato le vicende di Venosa fino all’unità d’Italia, agli eventi bellici e al referendum istituzionale del 2 Giugno 1946.

Innumerevoli sono i monumenti, ma il vero simbolo di Venosa è la chiesa Incompiuta della Trinità, spettacolare opera di pietra che seduce per il suo momento di non-terminato, al punto che scrive Norman Douglas, famoso scrittore britannico, in Old Calabria, 1915:

La principale bellezza architettonica della città è l’abbazia benedettina della Trinità ora in rovina… La rovina è un luogo di raro incanto: non è facile trovare testimonianze di vita romana, ebraica e normanna tutte stipate in un luogo così piccolo, tenute assieme dalla massiccia ma bella architettura dei benedettini e permeate, allo stesso tempo, da uno spirito mefistofelico di moderna indifferenza.

Ritroviamo la storia anche nella produzione vinicola locale, infatti la pregiata qualità dei vini, che è confermata da prestigiosi riconoscimenti nazionali ed internazionali, trae origine da un vitigno che fu portato in Italia dai coloni greci e che i Romani sfruttarono per produrre il vino Falerno già d’eccellenza all’epoca. Anche in cucina la semplicità degli ingredienti prodotti quasi esclusivamente in casa, tanto che non vi è testimonianza di produzione industriale e semi industriale di cibi fino ad epoca recentissima, si manifesta in piatti di eccelsa prelibatezza sia nella particolarità della preparazione, sia nel gusto.

Strascinati con salsiccia e ricotta

Ingredienti per 4 persone:

Per la pasta:
400 g di farina di grano duro 200 ml di acqua sale

Per il condimento:
250 g di salsa di pomodoro
200 g di ricotta di pecora
150 g di salsiccia
1 ciuffo di prezzemolo
3 cucchiai di pecorino
1 pizz ico di peperoncino
4 cucchiai di olio d’oliva extra vergine
sale e pepe

Per il condimento: rosolare la cipolla affettata con olio, unire la salsiccia in pezzi, dopo 5 minuti di cottura aggiungere la salsa di pomodoro, sale e pepe. Lasciar cuocere a fuoco lento per circa 2 ore.

Per la pasta: mescolare farina e acqua con un pizzico di sale fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo. Fare riposare per circa 30 minuti. Ricavare dall’insieme tanti pezzi di forma sottile ed allungata, circa 1 cm per 3 cm. Schiacciare al centro con un dito e muovere il dito verso di sé, ottenendo la forma degli strascinati.

Spegnere il fuoco del condimento e unire ricotta, prezzemolo, pecorino e peperoncino, bollire la pasta e scolare. Mescolare la pasta col sugo e servire.