Da molti anni Linda Fregni Nagler raccoglie immagini. È da queste raccolte che, sempre, ha origine il suo lavoro. La genesi di questa mostra, How to Look at a Camera, la terza personale nella Galleria Monica De Cardenas, proviene da una serie di immagini che ritraggono persone cieche e figure che posano di spalle. Queste ultime spesso rimangono enigmi. Misteriosa si era rivelata inizialmente una carte de visite che ritraeva – così sembrava – un fiore rovesciato. Era, invece, il corpo di una donna che veniva dal Perù, una Tapada Limeña.

Sono una decina – il corpus più importante della mostra – le opere dedicate a questo soggetto, la donna velata nel Perù del XIX secolo. Soprattutto a Lima, donne di rango elevato si mostravano in strada dopo la messa del mattino o nel passeggio al tramonto, coperte da indumenti che ne proteggevano grazia, riserbo e anonimato. Il costume che indossavano – de saya y manto – aveva origini andaluse. Le vicende del suo uso hanno trasformato questo modo di apparire in strumento di seduzione. Del corpo, interamente coperto, solo un occhio si manifestava attraverso l’apertura del velo. Con quest’occhio la tapada inventava stratagemmi per titillare gli ammiratori. Anche i fotografi stranieri che a metà dell’Ottocento si stabiliscono a Lima – i fratelli Courret o Eugène Maunoury, ad esempio, entrambi corrispondenti dello studio Nadar di Parigi – ne rimangono affascinati.

Posando in studio, la tapada che guarda in macchina è un ciclope davanti a un ciclope. La lente dell’apparecchio fotografico è, in fondo, una sintesi dei due occhi che si avvicinano tra di loro fino a sovrapporsi. Nell’economia dello sguardo di queste donne risiede il senso di questa mostra. L’attrazione per l’aspetto materiale della fotografia e la familiarità con le tecniche hanno portato Linda Fregni Nagler a sperimentare un procedimento di stampa calcografica, la photogravure, e un formato magnificato rispetto all’originale. Le immagini sono riportate meccanicamente su lastra di zinco che, dopo essere trattata, diventa la matrice per la stampa al torchio. Diverse modalità di offerta o negazione dello sguardo, la ritualità della posa nello studio fotografico e la consapevolezza di essere fotografati, il guardare da un occhio solo: ecco ciò che si manifesta quando si accostano queste immagini che Linda Fregni Nagler ha raccolto e selezionato per poi tradurle in una nuova orchestrazione visiva.

Linda Fregni Nagler (Stoccolma, 1976) ha presentato nel 2019 Things that Death Cannot Destroy presso il Teatro dell’Arte della Triennale di Milano, opera iniziata nel 2009 e sviluppata negli anni come un unico corpo di azioni performative in diversi musei e istituzioni, tra cui il Moderna Museet di Stoccolma e il Teatro Valle di Roma. Nel 2017 ha curato la mostra Hercule Florence. Le Nouveau Robinson al Nouveau Musée National de Monaco. Vincitrice del Premio ACACIA nel 2016, è stata finalista del Premio MAXXI (Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo), a Roma, nel 2014. Nel 2013 ha partecipato alla 55.Biennale di Venezia, Il Palazzo Enciclopedico, curata da Massimiliano Gioni, in una sezione speciale a cura di Cindy Sherman. Nello stesso anno MACK Books (Londra) ha pubblicato la sua monografia intitolata The Hidden Mother, basata sull’opera esposta alla Biennale. Si è laureata all’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano, dove ora insegna al Biennio di Fotografia.