Foraging è il nome usato per indicare una pratica antica che ci riporta al contatto con la natura, e a come raccogliere e cucinare piante selvatiche commestibili e disponibili nell'ecosistema. Questa naturale abitudine è andata perduta in molte zone del pianeta a favore di sofisticati e alchemici menù, ma non disperiamo, alcuni chef stellati hanno accettato la sfida dell'ambiente e si sono inventati nuovi piatti con quello che offre loro la terra, tra radici, erbe spontanee, bacche e funghi.

A parlare della situazione geografica del foraging ci ha pensato la chef e forager Valeria Mosca durante un talk organizzato a Taste, il Salone del Gusto di Firenze giunto quest'anno alla sua tredicesima edizione. Durante l'evento, lo chef di Copenhagen Roberto Fiore insieme a Valeria Mosca hanno parlato del significato intrinseco di “raccogliere” e del nutrirsi di cibi selvatici provenienti da ambienti incontaminati, dalle Alpi alle coste italiane fino agli habitat del Nord Europa.

Approfondiamo meglio il foraging. Conosciuta e praticata da secoli, il foraging è stato una fonte di approvvigionamento alimentare dovuta spesso alla necessità delle popolazioni rupestri di combattere la fame e curarsi. Addentrandoci più nello specifico, scopriamo che il termine alimurgia è la scienza che studia l’uso delle piante selvatiche non velenose e commestibili in momenti di carestia o per scopi salutistici.

Per chi desiderasse conoscere meglio il proprio territorio e le sue incredibili risorse, gli esperti consigliano innanzi tutto di iscriversi a un corso base, di documentarsi leggendo libri sull'argomento in modo da apprendere le prime nozioni per poi cominciare a riconoscere le numerosissime varietà di erbe spontanee che crescono ovunque. Questo primo passo è importante per non incorrere in errori grossolani che possono regalarci come minimo un gran mal di stomaco. Per chi desidera “cogliere” l'occasione della prima volta può recarsi a Casola Valsenio, in provincia di Ravenna, sabato 26 maggio alle ore 15,00 al Giardino delle Erbe, dove organizzano una passeggiata con riconoscimento e raccolta di alcune erbe spontanee eduli.

Se l'intento è quello di raccogliere aghi e frutti della Madre Terra in assoluta libertà per poi cucinarli, bisogna essere consapevoli della propria preparazione botanica, meglio quindi se le prime volte andiamo in esplorazione in luoghi che sappiamo essere incontaminati con un libro fotografico per imparare sul campo a osservare e riconoscere.

Complici la voglia di emulare i grandi e il sapore fiabesco di certi nomi come il raperonzolo, il barbabecco e il grattalingua, sempre più giovani si interessano al territorio e si travestono anche solo per un giorno da piccoli esploratori e partono in camminata nel silenzio della natura.

In fondo è bello sapere che facendo foraging stiamo compiendo una buona azione, ci fa sentire subito meglio e poi cimentiamoci ai fornelli con quello che abbiamo raccolto. In fondo “siamo quello che mangiamo” e nutrirsi di piante selvatiche può solo che far bene al corpo e allo spirito, alla scoperta di noi e delle nostre radici.