Ricordo bene lo sguardo rigoroso e apprensivo con il quale la Professoressa del prestigioso College di Londra mi guardava mentre consigliava vivamente di evitare il contatto fisico con gli studenti. Proprio mentre inarcava il sopracciglio e rivolgeva verso di me il suo dito indice per “intimarmi” bonariamente di non causarle problemi legali con l’Università, capii qual era la cosa giusta da fare.

Infatti, proprio da quel giorno decisi di iniziare tutti i miei workshop sulla gestualità italiana abbracciando e baciando sulle guance tutte le persone presenti in sala, nessuno escluso! Come potrete immaginare, la reazione gestuale della Prof. fu immediata: entrambe le mani sulla testa e fra i capelli che esprimevano in modo chiaro: “Oh mio dio! Ma cosa stai facendo?”. I suoi occhi sgranati cercavano disperatamente di incrociare il mio sguardo per comunicarmi il messaggio perentorio di fermarmi immediatamente. La cosa più interessante per me, era vedere le diverse reazioni dei ragazzi.

Le femminucce, visibilmente imbarazzate e irrigidite, dopo una prima esitazione si concedevano comunque al saluto, ridacchiando tra di loro; i maschietti, totalmente congelati, muovevano velocemente gli occhietti terrorizzati mettendo a fuoco ora me ora un luogo indefinito ma protetto. Era evidente che il loro pensiero fosse: “Non mi dire che questo squilibrato sta pensando di baciare anche me!” Ma lui non poteva immaginare che si trattasse solamente dell’inizio!

La mia strategia, rivelatasi poi di grande successo, era quella di adottare la tecnica dello shock emotivo e culturale per rompere il ghiaccio e le inibizioni iniziali. In fondo non si trovavano di fronte a una classica lezione accademica, ma avevano scelto di essere lì per imparare un po di più sulla gestualità italiana e sulla mia cultura, quindi avrebbero dovuto comunque mettersi in gioco. Altro aspetto interessante era quello di notare la reazione alla mia domanda: “Potresti raccontarmi emotivamente l’ultimo abbraccio con tua madre?”.

Solitamente la prima risposta era un silenzio lunghissimo. Non avevano memoria emotiva di quel momento perché forse non abbracciavano la mamma da diverso tempo. La cosa mi colpì molto e cominciai a spiegare, in qualità di Terrone originale (figlio di padre Siciliano e madre Calabrese), come ci si abbraccia tra madre e figlio/a, in particolare nel Sud Italia. Successivamente iniziò la fase di autoanalisi collettiva per osservare come si abbracciavano i ragazzi fra di loro. Risultava evidente che il retaggio socio-culturale e l’educazione familiare condizionassero e trasformassero le modalità di utilizzo del proprio corpo per comunicare emozioni e per interagire con gli altri.

Continuando il confronto con i college americani e con le culture del Nord Europa scoprii l’esistenza di una terza dimensione che non conoscevo: Il “Private Space”. Una sorta di spazio protettivo tra gli individui che garantisce la privacy ponendo una distanza variabile di paese in paese che permane anche durante l’abbraccio. Era sorprendente infatti notare con quale meticolosità due americani lasciassero uno spazio preciso tra i loro corpi durante un abbraccio (durata complessiva max 5 sec). Mi divertiva molto fare notare loro la grande scomodità di quella posizione dal mio punto di vista. L’incurvamento del busto in avanti per toccare con le due braccia le spalle dell’altro senza mai entrare in contatto con i rispettivi addominali (almeno 20 cm di distanza tra i corpi).

Di contro, loro si divertirono come matti nel vedere come due amici e in particolare due amiche italiane si abbracciano quando si vedono dopo parecchio tempo. Dopo aver preso una lunga rincorsa, tutto inizia con un vero e proprio schianto energico tra i corpi al quale segue una sorta di rituale di danza che in dialetto siciliano chiamiamo “Annacamento”, cioè quel classico ondulare dei corpi a destra e sinistra che ricorda i movimenti tipici dei religiosi che portano sulle spalle i simulacri durante le processioni della Settimana Santa.

A seguire le ragazze, per manifestare la felicità e l’intimità di quell’incontro, si toccano i capelli e i vestiti facendosi complimenti estetici (durata complessiva variabile tra i 3 e i 5 min). Nel rispetto delle differenze culturali capii quindi che in generale sarebbe stato impossibile essere totalmente me stesso se non a fini didattici e quindi che avrei dovuto tenere basso il volume della mia potenza energetica da isolano e rispettare le dovute distanze quando abbracciavo o parlavo con le persone provenienti da altri paesi.

Continuando il mio tour tra culture diverse ho capito che oltre all’aspetto linguistico, comunicativo e culturale mi sto addentrando in altri ambiti scientifici quali la sociologia, l’antropologia, la psicologia e quindi l’intelligenza emotiva. Non a caso arrivò l’invito a partecipare come relatore a un convegno scientifico di Neuro Psichiatria Infantile che si teneva a Siracusa. Il tema del mio intervento era: l’importanza della comunicazione non verbale e il contatto umano tra madre e bambino fin dai primi anni di vita. Ecco perché decisi di andare al Convegno insieme a mia madre.

Dopo il mio intervento sentii un’energia meravigliosa dal pubblico e dei fantastici feedback ma l’avvenimento più toccante fu quando una bella e carismatica donna si avvicinò e mi disse: complimenti per quello che fai e per il tuo intervento. Ti suggerisco di rimanere perché sto per fare il mio intervento e credo che sarà molto interessante per te. Fu la prima volta che sentii il nome della Prof.ssa Daniela Lucangeli. Io e mia madre restammo letteralmente folgorati dal suo intervento profondo e travolgente. In modo semplice e immediato stava spiegando difficilissimi processi scientifici e nello specifico si concentrò a spiegare quello che accade nel nostro corpo quando ci abbracciamo. Tutte le mie cellule del corpo cominciarono a vibrare e le mie emozioni esplosero quando le sentii pronunciare queste parole: “Un abbraccio di 30 secondi stimola l’amigdala che produce un neuro-trasmettitore che è collegato all’ormone dell’ossitocina che di conseguenza crea un’emozione straordinaria di conforto = con forza. Ogni volta che siete in debolezza datevi un abbraccio perché il cervello ha messo milioni di anni per diventare capace di regalarvelo!”.

A quel punto era chiaro che nulla di quello che stava accadendo fosse casuale. Alla fine del suo meraviglioso intervento che ipnotizzò tutta la sala, mi precipitai dalla Prof.ssa per abbracciarla e comunicarle che mi ero totalmente “innamorato” di lei! Lei con un bel sorriso mi rispose: dove puoi arrivare tu non posso arrivare io e viceversa, ecco perché dobbiamo lavorare in squadra e comunicare questi messaggi a più persone possibili! Non me lo feci ripetere due volte, e subito dopo la coinvolsi all’interno del mio spettacolo teatrale per avere i suoi pareri scientifici a supporto della mia narrazione sulla comunicazione non verbale e l’intelligenza emotiva.

La nostra collaborazione sta proseguendo con altri progetti di fusione tra scienza e arte confermando che tutto quello che inizialmente presentavo solamente come un’aspetto linguistico-culturale caratteristico di un popolo in realtà è qualcosa di molto più grosso e importante che interessa tutti, senza confini spazio temporali e modifica concretamente la nostra qualità della vita.