Tre artiste sono le vincitrice di Autofocus #9, il concorso di arte giovane promosso da Vanni occhiali, curato da Olga Gambari che quest’anno premia un’artista iraniana residente in Italia, con un sottile lavoro di critica e disvelamento della propaganda della dittatura, una video maker turca attenta ai piccoli dettagli della vita e due performer che indagano gli stati della materia e del tempo.

Tre giovani donne provenienti da paesi ed esperienze diverse sono le vincitrici di Autofocus #9: concorso d’arte pensato per premiare artisti esordienti: il loro sguardo, la loro creatività, il loro modo di raccontare e raccontarsi. A Negar Sh, iraniana, va il premio progetto espositivo; alla turca Muge Yildiz il premio video e infine a Camilla Soave, insieme alla portoghese Beatriz Bizarro, quello per la performance.

“I progetti vincitori sintetizzano compiutamente i peculiari percorsi delle artiste coinvolte, dando vita, in forme espressive diverse, a tre racconti concettuali e percettivi che hanno come comune denominatore l’attenzione per le minime cose, per i respiri e i bagliori che si colgono tra gli spazi della vita che scorre onnivora e disattenta, a causa della velocità e della massa di informazioni/azioni indotte e obbligatorie” spiega Olga Gambari curatrice del concorso. Attraverso una mostra, una serie di video e una performance, le tre vincitrici svelano verità - non solo quelle dei massimi pensieri, del mainstream, dell’opinione comune, ma quelle delle piccole cose, conservate preziosamente sotto la pelle di involucri minori e trascurabili, che spesso non notiamo, perché passano inosservate.”

Una selezione che conferma il percorso di ricerca intrapreso da Autofocus nove anni fa: la scelta di puntare sull’arte emergente, quella non ancora sotto le luci dei riflettori, extra-focus, promosso da un’azienda che si occupa di visione, e quindi di ricerca dell’ottimale messa a fuoco, facendo dell’attenzione ai minimi particolari, formali e di progettazione, il proprio punto di forza. E’ in quest’ottica che le tre artiste sono lenti speciali, microscopi puntati su una dimensione poetica che racconta piccole grandi verità.

Il premio al progetto espositivo va dunque all’iraniana Negar Sh, attualmente studentessa dell’Accademia in Italia, nata al termine della dittatura dell’Ayatollah Khomeini. Negar ha respirato il corso e inalato le conseguenze del regime, ne conosce gli aspetti pubblici e privati, l’imposizione e il plagio. La menzogna e la violenza. Forte in lei la sensibilità all’oppressione così come l’anelito naturale alla ribellione e a un acuto spirito di osservazione critica, rivolto soprattutto alle manifestazioni sottili di resistenza e di sovversione.

Il lavoro di Negar presenta una serie di immagini fotografiche dell’Ayatollah Khomeini che illustrano i libri di testo degli scolari iraniani di scuole elementari e medie. Libri scolastici che ancora oggi ripetono una tradizione editoriale nata all’inizio della rivoluzione. Immagini agiografiche idealizzate di un dittatore verso cui gli studenti hanno attivato un’inconsapevole e potentissima ribellione sovversiva, scarabocchiandone l’effige e la sua grottesca, irreale mitologia.

Come racconta lei stessa: “Sono venuta in Italia, per studiare all’Accademia e il mio ritorno in Iran, ogni anno, per trovare la mia famiglia, è sempre e comunque difficile. L’Iran è un mondo duro e sotto controllo. Il mio lavoro ha voluto mostrare come lo sguardo dei bambini sia capace di andare oltre, di irridere ciò che invece va temuto”.

Un Silent Movement (come si intitola il progetto) fatto di segni e grafismi a penna e a matita, che smascherano Khomeini rendendolo un personaggio da fumetto: una galleria di ritratti dinamici e ironici, teneramente irriverenti quanto disarmanti nell’azione ingenua attivata dai ragazzini, quest’uomo appare un essere irreale e spesso ridicolo, vecchio e vinto. Un progetto coraggioso e potente il suo, capace di vedere là dove altri non vedono. Di dar voce, attraverso l’arte, alla ribellione potente e silenziosa che forse solo i bambini sanno portare avanti, inconsapevoli della forza del loro gesto.

Lo sguardo rivolto alle piccole cose del mondo è anche quello della turca MugeYildiz, vincitrice del premio per il video. Al centro dei suoi video, che sono esperimenti cinematografici, c’è sempre la vita quotidiana, fatta di strade, interni, oggetti, in cui si mescolano parole e immagini del passato, in una circolarità temporale sia poetica sia teorica. Life is flux, come titola un suo video. L’obbiettivo cerca e incornicia piedi e gambe che camminano sui selciati di strade e marciapiedi, colombi che prendono il volo, porzioni di edifici, onde sulla riva, palloncini, tavolini con carte, libri aperti, bicchieri e lavelli di cucina. Sono sguardi intimi in cui legge la realtà avvolgendola di atmosfere personali percepibili sensorialmente e mai in maniera didascalica. Libere osservazioni dove scruta la realtà esterna per trovare se stessa, trasfigurandola in una simbolicità evocativa. Sempre leggera.

Dentro si fondono l’amore profondo per il cinema e la fotografia, per la letteratura, con una grande presenza della filosofia, che diventa speculazione antropologica e politica. Materiale d’archivio sia video sia audio si fa traccia per dialoghi gettati nel tempo come una rete, cercando un raccordo tra la memoria e la possibilità del futuro, che si incontrano ora, nel presente.

Infine, il premio per la performance va a Camilla Soave, insieme alla portoghese Beatriz Bizarro, che dà vita a una performance di un’ora dal titolo Gliese 436b: un’azione di figure animate prende vita su un paesaggio irreale di latte ghiacciato, sulla scena en plein air di piazza Carlina. Gliese 436b nasce dalla collaborazione tra un’artista plastica e una coreografa. Il punto di partenza di questa creazione ruota attorno al set –lo scenario in cui agiscono: può essere considerato un attore della perfomance e come può manifestarsi sulla scena? I blocchi di ghiaccio che saranno parte del set sono indipendenti nel proprio fluido movimento, ma connessi ai corpi e alle movenze delle due performers. Beatriz Bizarro e Camilla Soave costruiscono una performance fatta di movimenti insistenti e di azioni che viaggiano attraverso diversi stati della materia.

Il progetto vincitore della sezione performance è stato selezionato e sviluppato in collaborazione con NESXT – Independent art Festival, e per la sua realizzazione è stato anche attivato un workshop di selezione e formazione di perfomer che prenderanno parte alla messa in scena del lavoro, che verrà presentato il 4 novembre alle 19, in piazza Carlina. “Gliese 436b è un pianeta extrasolare – racconta Camilla Soave - e nella nostra immaginazione è abitato da più di due persone. Per questo abbiamo voluto coinvolgere altre persone, per cercare di rendere la piazza, la sera della performance, un pianeta senza tempo. Affronteremo quindi due giorni di incontri e ricerca collettiva l’1 e il 2 Novembre presso il quartier generale di NESXT”.

Autofocus è il concorso internazionale che VANNI occhiali, in collaborazione e con il patrocinio del GAI, promuove per il nono anno consecutivo a sostegno dell’arte giovane.

I premi sono rivolti a qualsiasi tipo di linguaggio e contaminazione senza preclusioni di genere, tecnica e pratica. Il concorso dal 2009 ha premiato Federica Gonnelli, Giulia Bonora, Francesco Fossati, Cosimo Veneziano, il duo Macchieraldo/Palasciano, Simone Bubbico e Irene Pittatore, Francesca Arri, Maarit Mustonen, Giuliana Storino, Neza Agnes Momirski, Milena Rossignoli, Paolo Bandinu, Lorenzo Abattoir e Irene Dionisio.

Il tema del concorso -il cui titolo stesso auto-focus gioca sull’idea dello sguardo autoriflesso, della percezione del mondo, dell’esterno, che rimane però sempre filtrata dalla dimensione soggettiva ed esperienziale - vuol essere una definizione aperta, che presenti l’universo contenuto nello sguardo dell’artista. Il suo mondo e al tempo stesso il mondo visto attraverso di lui. Il concorso vuol dare visibilità e valore alla dimensione concettuale, all’immaginario e alla pratica dell’artista selezionato come vincitore, senza imporgli temi o percorsi prefigurati. L’artista è inteso come libera figura creativa, in un ambito in cui l’arte confina e si ibrida con altri linguaggi artistici. Il concorso, dedicato a artisti under 35, premia un progetto di mostra, un progetto video, una perfomance e un progetto fotografico.