Trasferita a Napoli da Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta ultima discendente dei Farnese, la collezione costituisce il nucleo fondante del Museo di Capodimonte, di cui occupa l’ala orientale del piano nobile del palazzo voluto dal sovrano nel 1738, anche con l’intenzione di dare collocazione adeguata al ricco patrimonio ereditato.

Il primo nucleo della collezione si forma grazie all’iniziativa di Alessandro Farnese (1468-1549), papa col nome di Paolo III (1534), interessato tanto alle antichità (oggi conservate al Museo Archeologico Nazionale di Napoli) quanto alle principali personalità artistiche del periodo chiamate a ritrarlo (Raffaello, Tiziano, Guglielmo della Porta) e a lavorare presso le sedi pontificie e nella fabbrica di Palazzo Farnese (Sebastiano del Piombo, Michelangelo, Antonio da Sangallo).

Un altro Alessandro (1520-1589), nipote di Paolo III e anch’egli cardinale, animato da sapiente mecenatismo, arricchisce le collezioni circondandosi di una schiera di artisti del calibro di Tiziano, El Greco, Giulio Clovio, Bertoja, Salviati e Guglielmo Della Porta, le cui opere costituiscono oggi la parte principale della raccolta.

Un terzo significativo nucleo va ad incrementare la collezione grazie alla donazione del colto bibliotecario Fulvio Orsini, consigliere di Alessandro, che nel 1600 lega la propria raccolta d’arte e antichità (tra cui i preziosi cartoni di Raffaello e Michelangelo) al cardinale Odoardo Farnese (1573-1626), attento collezionista anch’egli e promotore del riordino delle raccolte romane nel palazzo di famiglia, impreziosito, tra l’altro, dai cicli pittorici di Agostino e Annibale Carracci.

Nel 1611 Ranuccio I Farnese (1569-1622), duca di Parma e Piacenza (feudo di famiglia creato nel 1545 da Paolo III che lo sottrae allo Stato Pontificio), reprime spietatamente una congiura ai suoi danni, condanna a morte tutti i feudatari ribelli e ne confisca i beni: in tal modo pervengono nelle raccolte di famiglia capolavori di Andrea del Sarto, Giulio Romano, Correggio e Bruegel il Vecchio.

Alla metà del XVII secolo gli interessi familiari si spostano a Parma; le collezioni, ad esclusione delle raccolte di antichità indissolubilmente legate alla residenza romana, vengono trasferite nel Palazzo del Giardino in cui si riuniscono inizialmente oltre mille dipinti, parzialmente esposti al secondo piano per un pubblico selezionato.

In seguito, Ranuccio II (1630-1694) trasferisce i pezzi migliori nella Galleria ideata nel cinquecentesco Palazzo della Pilotta (dove allestisce anche la ‘Galleria delle cose rare‘), disponendoli con un criterio fondato sulla varietà delle scuole pittoriche e la centralità dei grandi classicisti toscani, romani, veneti ed emiliani. Tale sistemazione è rispecchiata dall’attuale allestimento della collezione nel Museo di Capodimonte, che la ospita nuovamente dal 1957, anno di apertura al pubblico, che vede la presenza di alcune significative integrazioni, di provenienza borbonica o post-unitaria, come le tavole di Masaccio, Perugino, Luca Signorelli, Boccaccio Boccaccino e Joos van Cleve.