Long Nawang

Centro amministrativo e culturale nel cuore del Borneo, capitale del Kecamatan [1] Kayan Hulu, Long Nawang è la più antica e ricca comunità della regione, costruita su due strette anse nella valle del fiume Kayan (570 km dalla foce e 575 metri s.l.m.), alla confluenza col Sungai [2] Nawang. Il villaggio alle sue spalle è circondato e protetto da una serie di colline ripide puntellate da centinaia di tronchi d’albero bruciati per la tipica coltivazione a risaia. La popolazione complessiva non raggiunge il migliaio di anime.

La sistemazione del kampung (villaggio), piacevolmente organizzato, tra palme, giardini fioriti e strade ampie facilmente percorribili, è decisamente gradevole. Il lato nord, più recente, è occupato dall’ufficio distrettuale che è anche sede dalla polizia; a due passi si trovano la clinica ospedaliera, la grande scuola, le tre chiese protestanti, la modesta costruzione adibita a moschea, la piccola base militare, una ventina di casette singole per i rappresentanti governativi e dell’esercito, nonché un paio di minuscoli toko (negozi) stipati, con prodotti alimentari in scatola, contenenti in prevalenza sardine, biscotti e altri generi di prima necessità: sapone, dentifricio, tabacco, tegami, pile per torcia, oggetti in plastica, etc. La baracca olandese, o ‘Dutch Barrack’, rappresenta la testimonianza storica più significativa del periodo coloniale. Il villaggio originale è costituito da otto caratteristiche longhouse abitate da circa 750 Lepo Tau Kenyah, rappresentanti della decaduta classe aristocratica che un tempo dominava e godeva dei privilegi della nobiltà.

Ancora oggi, l’organizzazione Kenyah non consente al Penghulu (capo regionale) e ai suoi familiari di svolgere attività umili e faticose. Come per un Paran bui (nobile) del passato, ogni singolo Kenyah ha l’obbligo morale di evitare o alleviare il lavoro pesante al proprio Penghulu; di conseguenza, oltre a governargli le fattorie, ognuno raccoglie una quantità di padi (riso) da donargli. Questa tribù di grandi guerrieri e tagliatori di teste, era famosa per proteggere gli agricoltori dalle frequenti scorrerie dei Dayak Iban per la scarsa inclinazione nei nobili a faticare di persona sui campi. Difendevano la mano d’opera, preziosa e indispensabile alla loro sopravvivenza. I Lepo Tau Kenyah nella regione sono circa 2200 suddivisi in 4 villaggi: Long Nawang, Nawang Baru, Long Uro e Long Temunyat.

Dopo la registrazione dei dati alla polizia (polisi), è opportuno che il visitatore entri nell’ufficio di sottodistretto (Kantor Camat) nella porta accanto, per un saluto: gli impiegati, civili Kenyah, sono in grado di soddisfare molte delle vostre curiosità sull’area. Lì vi possono dare consigli preziosi per affrontare i percorsi da seguire, fornendo molte altre informazioni utili, compreso il dove passare la notte. Non è da escludere che vi invitino a casa loro e comunque sapranno indicarvi dove alloggiare. Il contributo è fissato in una modica cifra per il vitto e l’alloggio. Nella ‘resthouse’, quando non è prenotata da turisti, si può alloggiare per il medesimo prezzo, vitto escluso. In caso di necessità, entrambi i funzionari, poliziotti e governativi, sono collegati via radio con le altre stazioni della regione e con la capitale Samarinda.

La pista d’atterraggio (350 km in linea d’aria da Samarinda e da Tarakan), un piccolo campo erboso della MAF poco più a valle del kampung, è stata la prima base aerea dell’Apo Kayan Hulu (1974). Negli abitanti è ancora vivo il ricordo del durissimo lavoro che li ha costretti a scavare il terreno eliminando l’intera collina con le proprie mani per consentire l’atterraggio degli aerei. L’aeroporto, appena sufficiente per i piccoli aerei Cessna 185, è normalmente utilizzato come campo sportivo, in particolare per partite di calcio. Vicino alla pista MAF c’è un bellissimo cimitero protestante (kigmi) con le tombe ornate da variopinte sculture in legno di natura animista. Costruite fino a mezzo secolo fa, le tombe dei capi supremi della regione, con accanto le relative mogli, sono adagiate su palafitte alte quasi tre metri, diventate ormai fatiscenti. La tomba meglio conservata, quella di un antico re Kenyah, sta diventando un tappa d’obbligo per quei pochi turisti occidentali che giungono a Long Nawang.

L’arte e la creatività sono tradizionalmente incoraggiate; numerosi abili intagliatori eseguono dei veri capolavori apprezzati in buona parte del Borneo. Passeggiando per il kampung si resta ammirati nell’osservare l’abbondanza di legni scolpiti e i decori che ornano le diverse costruzioni: case-granaio, case-festival, tombe e mausolei, ecc. con intricati motivi, tipicamente Kenyah, di figure umane e animali, molti dei quali leopardi. La popolazione di quest’area si considera la diretta discendente della prima tribù dell’isola e comunque, nelle loro enigmatiche e colorate composizioni artistiche, rivelano la dimensione ancestrale della loro cultura. Atavici sono anche i canti che vengono intonati la sera per i turisti che, saltuariamente giungono quassù con viaggi organizzati. Dopo qualche sorso di borak [3] ha inizio l’accompagnamento musicale col sapeh [4] e con enormi tamburi del diametro di oltre tre metri. Il modesto ma costante incremento turistico, in alcuni villaggi ha parzialmente tolto purezza e spontaneità agli indigeni in quanto ormai nessun Dayak fa più niente senza un sostanzioso compenso: una foto o la ripresa di una danza può avere un prezzo eccessivo. Le stesse guide a volte impongono tariffe 5-6 volte superiori allo standard generale. Per fortuna il fenomeno è limitato a pochi villaggi della zona centrale. Probabilmente perché gli escursionisti arrivano attrezzati coi propri viveri o gestiti dai tour operator e non contribuiscono a risolvere i problemi economici della popolazione locale.

Quando non è il periodo della semina o del raccolto del padi e della canna da zucchero, in tutte le lamin [5] si svolge un’intensa attività artigianale e le grida dei bambini che giocano sotto il ponte si mescolano ai suoni della vita quotidiana: gli uomini costruiscono tamburi, parang [6], stuoie e cesti, intagliano il legno, confezionano capi d’abbigliamento con corteccia d’albero pressata, mentre le donne lavorano ai telai, pestano nei mortai, sistemano i ba [7]. Il vecchio ponte sospeso sul Kayan, traballante e insicuro, è stato sostituito da quello stabile e robusto sostenuto da cavi d’acciaio costruito dai genieri del presidio militare locale, in un programma di cooperazione con i civili. Il ponte misura una decina di metri e si trova poco a valle del villaggio. Long Nawang è nota anche per il massacro perpetrato dai militari giapponesi durante la seconda guerra mondiale. Il villaggio fu inizialmente governato dall’ufficiale olandese Dott. Niuwenhuis, che vi s’insediò nel 1901 e costituì poi una base permanente (75 militari), rifugio per coloni europei, missionari e militari in fuga in seguito all’invasione giapponese.

Nei primi mesi dell’occupazione (1942), l’eterogenea comunità venne avvisata da alcuni coraggiosi indigeni Kenyah della presenza di un contingente di militari giapponesi in marcia verso Long Nawang; gli informatori vennero poi imprigionati, perché colpevoli di avere spaventato inutilmente la popolazione. Tre giorni dopo, le truppe nemiche colsero davvero di sorpresa gli abitanti trucidando 60 occidentali tra olandesi, inglesi e americani e 49 nativi, inclusi donne e bambini: un massacro che viene ancora ricordato nelle montagne dell’Apo Kayan per la brutalità dei giapponesi e l’incredulità degli olandesi. Long Nawang tornò ad essere un presidio militare di guerra negli anni ’60, durante la konfrontasi [8].

Megalite di Long Nawang

A pochi metri dal centro di Long Nawang, oltre il fiume, si trova una misteriosa tomba trapezoidale in pietra arenaria, ritrovata dai nativi negli anni ‘30. Questa tomba è più piccola e semplice di quella rinvenuta a Data Dian: le superfici non sono ornate da figure, il megalite non ha punti d’appoggio ed è privo del foro per il drenaggio del sangue. Misura solo un metro di lunghezza, spazio insufficiente per contenere un corpo umano adulto, e si ritiene fosse utilizzato solo per contenere le ossa. È probabile che sia stata scolpita dai Kayan che popolavano la regione prima dell’arrivo dei Kenyah, avvenuto alcuni secoli orsono.

Nawang Baru

Il villaggio venne fondato nel 1952 in seguito alle numerose discordie religiose tra le famiglie di Long Nawang, che portarono ad una divisione pacifica degli abitanti. In quel periodo il cristianesimo stava diffondendosi rapidamente anche nell’Apo Kayan, tuttavia ancora in molti credevano nei culti animistici. La situazione venne risolta democraticamente: i cristiani restarono a Long Nawang, mentre la maggioranza della popolazione, circa 1.300 radicali dell’Adat, attraversò il fiume e fondò Nawang Baru ovvero Nuova Nawang.

Oggigiorno la popolazione è di circa 800 LepoTau Kenyah e le chiese che dalle colline dominano sul paesaggio confermano che la divisione di un tempo è quasi completamente cancellata. Anche i giovani alunni che ogni mattina affollano la pista per recarsi alla scuola di Long Nawang testimoniano che ormai i due villaggi sono tornati ad essere un’unica entità, tuttavia l’atmosfera nei due centri permane diversa. La gente di Nawang Baru conserva lo spirito tradizionalista dell’Adat che si riflette nell’ambiente: un villaggio idilliaco, il più ricco di testimonianze artistiche di tutto l’Apo Kayan. Le sue vaste e affollate longhouse hanno pareti completamente ricoperte da dipinti tribali di origine primordiale, inoltre lungo i viottoli che portano al villaggio s’incontrano parecchi totem che contrassegnano diversi luoghi di sepoltura. Anche le casette uni-familiari ‘moderne’ non rinunciano agli ornamenti decorativi tradizionali e negli spiazzi strategici dell’insediamento sono state posizionate alcune enormi sculture in legno a protezione dagli spiriti malvagi della foresta.

Per giungervi, da Long Nawang si supera il ponte d’acciaio, poi si gira a sinistra e si segue il sentiero che costeggia il Sungai Nawang per 15-20 minuti fino all’altro ponte che, oscillante ma sicuro, porta alla riva est, dove è insediato il grosso e piacevole centro di Nawang Baru. Il sentiero è caratterizzato da pali in legno scolpiti con figure colorate di natura animista; subito dopo il bivio, con la scorciatoia che attraversa un lieve promontorio, si trova il cimitero con le tombe degli aristocratici collocate su palafitte decorate secondo la tradizione Kenyah.

Long Ampung

Nel primo tratto di cammino da Long Nawang a Long Ampung (5 ore), il sentiero segue l’argine nord del fiume Kayan per oltre un’ora fino alla confluenza con il Sungai Tapeyan. Nelle due ore e mezzo che seguono si fatica nel superare le colline che conducono al Sungai Anie, un altro piccolo affluente del Kayan. L’ultimo tratto del percorso transitabile in un’ora è nuovamente pianeggiante, lungo la sponda del Sungai Kayan fino alla pista per aerei, alle spalle del ponte di Long Ampung. Il Kayan è navigabile nei due sensi ma, a causa della corrente e di alcune rapide, l’ideale è risalire il fiume in canoa a motore (ketingting) ed eventualmente ridiscenderlo anche con una piroga a remi in due ore e mezzo.

Il villaggio di Long Ampung si è sviluppato su entrambe le sponde, unite da un ponte sospeso, costruito con legni legati da corde e rattan; la parte originaria si trova sulla riva sud, in prossimità di una spiaggia di sabbia bianca, ideale per un bagno. Long Ampung è l’unico villaggio dell’Apo Kayan ancora abitato dagli ultimi Uma Jalan Kenyah (550 ca.) rimasti dopo le migrazioni in massa avvenute nei decenni passati verso la valle del Sungai Kayan e nell’area di Muara Wahau. Il villaggio, alla confluenza del Sungai Ampung, comprende sei longhouse grandi e due piccole, la scuola elementare con accanto il campo sportivo, una baracca che funge da infermeria, le tre chiese cristiane, formate da 380 protestanti e 170 cattolici, e un’infinità di variopinti depositi su palafitte per il riso. L’atmosfera generale è però quella di un villaggio rurale poco curato, con case prive di pittura ed abitato da gente apparentemente schiva.

Uniche eccezioni e punti d’interesse sono dati dall’abitazione del capo villaggio e dalla Rumah Adat. La prima ha la parete esterna della veranda ricoperta da disegni Kenyah, raffiguranti scene di caccia contemporanea, mentre la seconda, di identiche proporzioni, è un singolare edificio, lungo una dozzina di metri, utilizzato per raduni e cerimonie. I pali che sorreggono quest’ultima, alti un metro, sono scolpiti con figure umane a mezzo busto e il parapetto esterno della veranda è interamente colorato con motivi a polipo. Gli stessi tipici disegni, scolpiti e dipinti su legno, seguono il perimetro del tetto accanto a tigri, buceri e due singolari figure: una rappresenta un sergente indonesiano con lunghi baffi e due orologi ai polsi, l’altra un personaggio politico con lobi allungati e il dito puntato al cielo. Le opere artistiche sono state eseguite dall’attuale kepala desa (capo villaggio), di nome Pem Pung, negli anni ’50; la tigre, assente nel Borneo, la copiò da un disegno procuratogli da militari olandesi. Nel campo di fronte alla casa, la scultura di un guerriero armato di spada, posta su di un alto tronco lavorato, protegge simbolicamente l’abitato.

Le fresche notti sono allietate da canti corali al suono dei sapeh, mangiando ananas e sorseggiando jakan (bevanda alcolica ricavata dalla canna da zucchero) solo per i turisti e a pagamento. Qui, come a Long Nawang, si incontrano personaggi caratteristici con tatuaggi o lobi allungati.

Trasporti.

Solo col completamento della avio-pista di 1000 metri in terra battuta (1986), la più lunga della regione ora asfaltata, sono iniziati i collegamenti regolari di merci e persone con l’Apo Kayan. Per le compagnie aeree il centro di Long Ampung rappresenta la più importante base commerciale dell’area e il grosso ‘hangar’ per bimotori ne è la conferma. Il magazzino attiguo altro non è che il ‘terminal’ con stazione radio, diventato anch’esso un deposito per rottami d’aereo e pezzi di ricambio. I voli Asahi o Pelita Airlines giungono quassù due volte la settimana e ripartono per Samarinda in mattinata, mentre la MAF vi atterra alcune volte al mese ma senza date fisse. Questo è anche lo scalo base dalle agenzie turistiche della costa, che organizzano escursioni nell’Apo Kayan. Purtroppo il cielo è spesso coperto da nubi e in mancanza di buona visibilità il volo può essere rinviato.

Lidung Payau

Distante una sola ora di cammino o di canoa da Long Uro, Lidung Payau è l’ultimo villaggio dell’itinerario abitato dai Lepo Tau Kenyah. Nel tragitto s’incontra un interessante cimitero della tribù; scolpiti su ogni tomba si possono osservare i tipici motivi a polipo con occhio centrale o le raffigurazioni di differenti animali o oggetti.

I 320 abitanti vivono nelle 5 longhouse (rumah panjang in indonesiano) del villaggio, mentre negli ultimi anni l’insegnante elementare e alcune famiglie hanno deciso di sperimentare la vita in piccole casette unifamiliari. I cinque villaggi dell’Apo Kayan abitati da questo gruppo etnico (Long Nawang, Nawang Baru, Long Temunyat, Long Uro e Lidung Payau) contano un totale di circa 3.000 unità immigrate dal Sarawak secoli orsono per insediarsi lungo le rive del Sungai Nawang. Giunti nell’Apo Kayan, una parte dei Lepo Tau si alleò alla tribù dei Lepo Timai ma, quando questi ultimi mossero verso le rive del Sungai Mahakam, i Lepo Tau decisero di non seguirli stabilendosi invece a Long Uro e Lidung Payou.

Megaliti

Per localizzare la piana dei piccoli e venerati megaliti, considerata il luogo sacro di antichi riti, occorre una guida che conosca bene la zona in quanto dalla via che da Lidung Payau conduce a Long Sungai Barang, bisogna deviare verso sud, nei pressi del fiume Kayan, in un punto non ben definito tra la vegetazione della giungla. Sul posto si possono osservare diversi massi scolpiti, raffiguranti animali, che poggiano su di un piedistallo di circa un metro. Gli unici Dayak della regione cimentatisi nei secoli passati con sculture in pietra sono i Kayan, ai quali vengono attribuite diverse altre opere megalitiche ritrovate in tutto il Borneo Centrale.

Per giungere da Lidung Payan a Long Sungai Barang (4-6 ore) il sentiero migliore è quello che lascia il fiume Kayan per seguire i rilievi collinosi (500-1000 m) attraverso un panorama in cui si alternano vegetazione fitta e campi aperti d’erba alta, fino ad incontrare il suolo nero di cenere delle colline di padi in prossimità di Long Sungai Barang.

Long Sungai Barang

È l’ultimo villaggio a monte del Sungai Kayan, è popolato da circa 450 Lepo Tukung, cordiali Kenyah di elevata classe sociale, oggi in prevalenza cattolici, ed è diviso in due agglomerati sorti sulle sponde opposte del fiume. Le unisce il ponte sospeso sul Kayan che qui, per buona parte dell’anno, è ridotto a un guado. Oggi solo un paio di massicce longhouse, ricche di decori, sono rimaste a testimonianza di quello che era un grosso centro con 1500 abitanti. Nella parte nord sono concentrate la maggior parte delle costruzioni, delle attività artigianali, in prevalenza cappelli con perline, e attività commerciali, oltre alla scuola, alle due chiese cristiane ricoperte da dipinti Kenyah e all’aeroporto, a tre chilometri di distanza. La componente cattolica, formata da 300 adepti, fu importata dagli abitanti migrati da Lulan Adan, ex-villaggio presso la zona del Sungai Boh, l’unica area dell’Apo Kayan dove, a metà del XX secolo, i missionari cattolici operarono facendo proselitismo.

Long Sungai Barang in passato ha ospitato alcuni giovani scienziati occidentali, in quanto il villaggio era stato inserito in un programma dell’UNESCO per lo studio sul rapporto tra gli indigeni e la natura; dai risultati emerge che più di quaranta specie di piante della zona vengono impiegate dai nativi a scopo medicinale, mentre un centinaio sono comunemente usate nella loro cucina. Il laghetto all’ingresso del villaggio, creato dalla piccola diga artigianale, è opera di un membro dell’equipe UNESCO, come pure la ruota-mulino, fissata alla casa di lavoro, che serve per aiutare le donne a sbucciare il riso.

[1] Sungai – fiume
[2] Kecamatan – Sottodistretto
[3] borak – bevanda alcolica ricavata da riso fermentato
[4] sapeh – strumento a corde
[7] ba – zainetto porta infante
[6] parang – spada Dayak
[5] lamin – casa comunitaria, longhouse
[8] konfrontasi – periodo di guerra tra Indonesia e Malesia

Leggi anche la Prima parte, la Seconda parte, la
Terza parte e la Quarta parte