L’antica tradizione dello Yoga ha sempre sottolineato l’importanza di una corretta alimentazione, non solo per l’indispensabile mantenimento della salute psicofisica, ma anche per agevolare lo sviluppo mentale e spirituale. Non a caso tutte le tradizioni religiose, monastiche, di ricerca spirituale, hanno sempre consigliato e indicato particolari norme e precetti alimentari.

Nel lassismo della nostra attuale tradizione religiosa, abbiamo perso l’orientamento che, dai digiuni quaresimali, ai venerdì di magro, ai digiuni penitenziali, ritmava le feste religiose e i passaggi stagionali. Viviamo quello smarrimento consumistico su cui sono incentrate le principali celebrazioni religiose (Natale e Pasqua), trasformate in rituali ipercalorici, dove il raccoglimento e la concentrazione sono rivolti principalmente alle ricette e allo smaltimento del sovrappeso.

Lo Yoga è un perfetto e collaudato sistema di affinamento psicofisico, è un progressivo percorso che va dalla pesantezza materiale alla leggerezza spirituale, dal buio di una inconsapevole ignoranza alla luce di una sottile discriminazione. Questa capacità di discriminare (viveka) viene richiesta anche nel consumo del proprio cibo. Una sana applicazione dello Yoga, senza fanatismi ricercati o imposti, inizialmente non obbligherà il principiante a rigide imposizioni alimentari, ma sarà lo stesso perfezionamento della pratica e l’affinamento sensoriale che dovrebbe portare a una spontanea e accurata selezione alimentare.

Tra le forme classiche dello yoga il meno noto è quello su cui ruota la nostra vita quotidiana e il nostro sostentamento vitale: l’anna (o khrani) yoga, lo yoga del cibo, del nutrimento, dell’arte consapevole di nutrirsi. I tempi del cibo a cui siamo obbligati sono spesso atti compiuti frettolosamente, inconsapevolmente, senza quella attenzione e sacralità che richiederebbero. Nutrirsi correttamente richiede un profondo atto di consapevolezza, di conoscenza e di volontà, tale da trasformarsi in un sadhana yogico: una pratica strutturata e continuativa che ci conduce verso un processo di trasformazione psicofisica e spirituale. Il termine anna ci rimanda alla divinità della tradizione mitologica indiana, Annapurna, che rappresenta la dea che dispensa cibo e sostentamento illimitato, anche spirituale "Tu sostieni tutti gli esseri visibili e invisibili, la tua pancia è il recipiente che contiene l’universo". La sua iconografia è inequivocabile, vista la presenza di una ciotola di riso e di un cucchiaio nella sua mano. Il cucchiaio, sruk, è inteso anche come un oggetto rituale, usato nelle tradizionali cerimonie per versare il burro chiarificato, ghee, sul fuoco sacrificale, è un’attributo di altre divinità, quali Brahma, Saraswati, Agni e della stessa Annapurna considerata una manifestazione di Parvati.

Gli dei abitano sulla sommità delle montagne dice una tradizione universale. Annapurna è il nome di un massiccio montuoso nel Nepal e l’Annapurna 1 raggiunge gli 8901 metri (è stato il primo ottomila conquistato dall’uomo). Anche gli antichi romani beneficiavano di una madre divina così accudente, Anna Perenna, dea dell’abbondanza e del nutrimento o di un’altra divinità, Annona, legata alla coltivazione e al rifornimento alimentare. Non a caso ritroviamo l’etimo sanscrito nella nostra lingua come “annona”: derrate alimentari, approvvigionamenti (è esistita, in tristi tempi, la tessera o carta annonaria che permetteva l’acquisto limitato e razionato dei generi alimentari).

L’Anna yoga non si limita solo al consumo del cibo, bensì alla dedizione usata fin dalla coltivazione degli alimenti, alla cura nella preparazione, alla modalità di cucinarli, arrivando fino alla predisposizione con cui vengono consumati (dati i tempi moderni di spreco e dissipatezza di risorse, anche del riciclo dei materiali e del cibo avanzato). Nell’anna yoga confluiscono tutte le forme classiche di yoga: jnana yoga - conoscenza alimentare e la comprensione dell’origine divina del cibo, bakthi yoga - l’aspetto devozionale e di gratitudine, karma yoga - l’azione disinteressata e amorevole che dovremmo mettere nella preparazione del cibo, hatha yoga - la salute che trarremo da una corretta alimentazione come fondamento per la pratica.

L’anna yoga ricorda che la preparazione e il consumo del cibo è una azione yogica dove è richiesta attenzione, calma e rilassamento. Nella preparazione di un cibo viene separato l’utile dall’inutile, così come lo yogi discrimina l’oggetto della concentrazione, dalle fonti della distrazione. La cottura e la trasformazione del cibo sono come il cambiamento a cui si sottopone lo yogi con la sua pratica al fuoco dello yoga. La digestione è l’assimilazione della conoscenza. Una buona pratica di yoga è come un buon pasto ben preparato e ben consumato. La pulizia del luogo e dei recipienti è identica alla pulizia e alla purificazione che lo yogi presta al suo corpo. Non è il percorso classico dello hatha yoga un perfetto percorso culinario?

  1. shat karma - pratiche di purificazione, e asana - posizioni del corpo, come pulizia e preparazione del contenitore-pentola-corpo;
  2. pranayama - tecniche di respirazione e estensione del prana, come assimilazione del prana-nutrimento dal cibo;
  3. mudra e bandha, come il giusto atteggiamento, la predisposizione del cuoco e il controllo, la stabilità del prana.

La Chandogya-Upanishad afferma che tutti gli esseri sono ciò che mangiano, indicando la digestione come un processo alchemico di separazione e purificazione della materia, un’azione di distillazione (separatio puro ab impuro): “La terra (cibo), quando è mangiata, diviene triplice. La sua parte più grossolana diventa feci, la sua parte media diventa carne, la sua parte più sottile diventa mente. L’acqua, quando è bevuta, diventa triplice. La sua parte più grossolana diviene urina, la sua parte media diviene sangue, la sua parte più sottile diviene respiro (vapore acqueo). Il fuoco, quando viene consumato diviene triplice. La sua parte più grossolana diventa ossa, la sua parte media diventa midollo e la sua parte più sottile diviene parola. Così la mente proviene dalla terra, il respiro dall’acqua e la parola dal fuoco”.

Conoscere l’influenza del cibo sul corpo e sulla mente tornerà di grande utilità durante le fasi di attivazione e risveglio energetico di alcune principali nadi, di un chakra o nelle più complesse e coinvolgenti esperienze di risvegli parziali della forza della kundalini, dove avverranno alterazioni, cambiamenti profondi del metabolismo, dei cicli ormonali, del sistema nervoso. L’alimentazione dovrà essere adeguata a queste trasformazioni dove la temperatura del corpo potrà avere cadute precipitose, l’appetito si incrementerà o sarà assente, avremo insoliti desideri sensoriali o piatti livellamenti, stati di abbattimento o di esaltazione umorale. Oltre all’alimentazione uno yogi consapevole integrerà l’uso di piante secondo l’aushadhi yoga, o alcuni particolari preparati composti di metalli, gemme preziose, minerali, elaborati secondo i dettami della spagiria e della alchimia tantrica. Potrà essere utile un uso appropriato della litoterapia/cristalloterapia in relazione a precisi studi astrologici secondo la ampia conoscenza del tantra (ben lontani dalla mercificata e superficiale cristalloterapia new age).

Lo yoga non è solo una dolce ginnastica corporea, ma un metodo sistematico di attivazione di capacità, di potenzialità latenti e inespresse. Ogni percorso yogico crea effetti diversi sulla strutturazione psicofisica del praticante e dovrebbe essere caratterizzato da una alimentazione mirata: l’hatha yogi non avrà lo stesso metabolismo dello jnana yogi che studia e riflette o di un bakthi yogi coinvolto nella sua devozione estatica. L’anna yoga è una conoscenza importante che dovrebbe far parte del bagaglio di ogni sincero ricercatore della Verità.

Continua il 23 Aprile.