Il lago era immerso nel silenzio, come se avesse inghiottito tutti i rumori. La superficie sembrava uno specchio, s’increspava a ogni soffio di vento. Si sentiva soltanto, ora alto, ora basso, il canto degli uccelli

(Banana Yoshimoto)

Il lago, questo dolce e gentile mistero, uno specchio dell’anima che illumina e consola. E Narciso lo aveva ben compreso. Avvicinarsi a un lago è come avvicinarsi a se stessi, guardarsi dentro e riscoprirsi ogni volta. Un mistero e un’avventura che si rinnovano. Accarezzandone le acque e i suoi leggeri movimenti, si entra in contatto con la forza della natura invincibile e forte. Unica. Fruscii che arrivano da piccole onde, tremolii che assomigliano a quelli dell’animo, del cuore che batte forte di fronte a chi amiamo da sempre.

“L’animo umano non conosce limiti, e a ogni soffio di vento, a ogni cambiamento della luce, il mondo ci mostra un volto diverso, e sarà così in eterno, perché non può avere fine”, ci ricorda Banana Yoshimoto nel suo Il giardino segreto. E, all’interno di un rigoglioso e colorato giardino fiorito come sulle rive di un lago trasparente, libero e potente, questo è più che mai veritiero.

Intorno, forme sinuose e magiche di rami amorosamente attorcigliati, quasi avvinghiati in un abbraccio senza fine, verde accecante, rare erbe senza nome, prato lucente e folto, tutto lì pronto a dare un effetto di dolce voluttà. Anche i suoni danno la stessa percezione, suoni che vengono risucchiati da quella vitale energia naturale. Questo è il lago, questo sono i suoi sussurri appassionati. Questa la sua forza e la sua potenza travolgenti. Imperdibile. Impagabile.

Provare a descrivere la piena di sensazioni che arrivano quasi alla rinfusa non è semplice. Un’immagine può rendere meglio, tanto più che per la sua stessa etimologia ci lascia liberi di vedere, di trovare la nostra posizione in quest’universo dalle mille sfaccettature e ricchezze. Quando però si è raggiunto un punto troppo elevato di bellezza, forse non si riesce a resistere tanto facilmente e ancora a lungo alla sporcizia del mondo.

La bellezza di una natura che incanta può disorientare. E molto. E una preghiera può salire, o almeno provarci, verso quell’energia che deve essere da qualche parte su nel cielo. A occhi chiusi. Al ritmo del soffio del vento e del gorgoglio dell’acqua che sorridono ma non rispondono. Ci si può sempre provare, a resistere, si deve.

Sulle rive dei laghi penso spesso a Danijar di Melodia della Terra di Tschingis Aitmatov, un uomo profondamente innamorato e non solo di un altro essere umano. Il suo è un amore diverso, quello della vita e per la vita, della terra e per la terra. E mentre l’eco della canzone si perde nella steppa assonnata, i veri sogni fioriscono e il grano matura, turchino come una fata, ondulando in attesa della mietitura. Il vento reca il profumo di mele, i fuochi dei contadini si spengono lentamente, i mieli caldi del mais in fiore odorano come latte appena munto, la pioggerellina leggera e dorata mormora. Man mano che l’amore di Danijar e Giamilja affiora, anche per qualcun altro, Seit, sboccia una passione incontenibile, il desiderio di trasporre su tela e di rendere immortale la bellezza di quello slancio che non vacilla attraverso la pittura. Sapori mediorientali, bellezza e purezza del canto, potenza delle parole e della natura stregano il lettore e me che sono lui. Le note continuano, le sentiamo ovunque, tutto sa di amore profumato e di natura immensa. Fino alla fuga verso quell’amore, incuranti del destino. Solo tenendosi per mano. Qui sul lago mi sento proprio così.

Come non ricordare poi anche le sensazioni di Henry David Thoreau, in Walden ovvero vita nei boschi, quando ci racconta del perché era andato per boschi: “perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto. Non volevo vivere quella che non era una vita, a meno che non fosse assolutamente necessario. Volevo vivere profondamente, e succhiare tutto il midollo di essa, vivere da gagliardo spartano, tanto da distruggere tutto ciò che non fosse vita, falciare ampio e raso terra e mettere poi la vita in un angolo, ridotta ai suoi termini più semplici; se si fosse rivelata meschina, volevo trarne tutta la genuina meschinità, e mostrarne al mondo la bassezza; se invece fosse apparsa sublime, volevo conoscerla con l’esperienza, e poterne dare un vero ragguaglio nella mia prossima digressione”. Bosco e lago, lago e bosco.

Queste eterne sensazioni e percezioni comuni che ci avvicinano. Sulle rive di un lago si sogna di essere preso per mano da un folletto, uno gnomo, una fata o semplicemente da un amico o dalla persona amata. Si cerca il silenzio e la pace, volendo solo per un attimo solitudine e tranquillità in compagnia di se stessi e di un buon libro. Si cercano e si trovano colori meravigliosi, ci si immerge in tutte le sfumature del verde, dell’azzurro e del viola. Si è travolti dal colore e dall’odore di pino. I fiori sono centinaia. Chi volesse cogliere questi colori della Natura non avrebbe che l’imbarazzo della scelta nell’imbracciare la propria tavolozza e dipingere nel cielo o su un prato, usandoli come tela.

Di fronte a posti come il Lago di Braies, si rimane quasi immobilizzati di fronte al suo colore cristallino, un azzurro trasparente che rimane negli occhi e sulla pelle rinfrescata. Le montagne si specchiano nelle sue acque, un brivido di serenità percorre tutto il tuo corpo, ti siedi ad ammirare da solo, senza parole. L’aria è quasi immobile, vi è un filo di vento, il cielo è coperto ma il sole appare e scompare. Quando appare, le montagne si specchiano nel lago, quando scompare, si vedono solo le nubi che trasformano l’acqua in un secondo cielo.

L’aria del mattino è una poesia, l’Aurora emette una musica leggera, ogni idea buona nasce al mattino presto, laddove tutto si risveglia ed è vigile. Chi va nei boschi cerca l’essenziale, qui tutto si può vivere in estrema profondità e se si gira intorno al lago, lo scorcio che colpisce è quello dove si crede di vedere una cascata, e invece sono pietre bianche che scivolano dalla montagna. Tutto è così semplice.

Ci si sente un privilegiato nel poter godere di questo silenzio della Natura. Il vero rispetto che si può assicurarle e l’omaggio che si può farle è quello di condividere le emozioni che si stanno provando. Si vorrebbe pensare come una montagna. Si alzano gli occhi e si vede la montagna. Lei guarda imperiosa ma mai altezzosa. Imponente e magistrale. “La Montagna parla, l’uomo saggio ascolta”, avrebbe detto il naturalista scozzese John Muir. Si comprende sempre di più il pensiero dell’ecologia profonda, dove la Natura selvaggia, la Wilderness, va assolutamente rispettata. L’armonia imprevedibile della Natura ispira e fa capire come ogni patrimonio ambientale vada protetto senza remore e con coraggio, come forse si possa vivere anche con un po’ meno.

La Natura selvaggia è sia una condizione geografica che uno stato d’animo, avrebbe ricordato ancora Thoreau. Nel bosco e sui laghi ci si può risollevare e da essi si può prendere energia. Qui ci si confronta con ogni esigenza interiore di bellezza, solitudine, isolamento, riflessione, pace, cambiamento, amicizia, sorpresa. Il bosco e i laghi possono essere noi stessi. Il prato più sterminato può essere il colore dei nostri pensieri. Il lago più profondo il tocco della nostra anima.

Tornare agli antichi valori è sempre più necessario, se si voglia garantire la sopravvivenza del Pianeta. Il rapporto fra Uomo e Natura deve essere un rapporto di rispetto reciproco, anche perché l’Uomo è Natura stessa e garantire la sopravvivenza della seconda è, pertanto, garantirne quella del primo. Perché, anche noi pensiamo che “solo dopo che l’ultimo albero sarà abbattuto, solo dopo che l’ultimo lago sarà inquinato, solo dopo che l’ultimo pesce sarà pescato, Voi vi accorgerete che il denaro non può essere mangiato” (Toro Seduto, capo della tribù dei Sioux).