Le mie manovre per isolarmi dalle urla dei ferragostani sono del tutto inutili e divento così sempre più frustrata e sofferente. La gente intorno a me non parla, urla e io desidero sparire. Sono circondata - assediata - da una folta schiera di personaggi felliniani che dominano lo spazio.

Oggi è il 12 agosto e da diversi giorni arrivano in spiaggia nell'ombrellone dietro al mio, comitive a volte composte da sole donne, o da soli uomini e altre volte da famiglie intere con amici al seguito. Le voci più acute sono quelle dei bimbi e delle donne. L'altra mattina, quando sono arrivata, erano lì, ad attendermi otto ragazze di età indefinibile. Urlavano di viaggi esotici. Erano sdraiate in fila sui lettini e la capofila doveva farsi sentire dall'ultima: "Sono andata alle Maldive ma non c'è più l'acqua dell'altra volta perché i coralli... " e un'altra: "Ma che cos'è l'India!... E il Nepal e il Perù e il Sud Africa... " Insomma otto globe-trotter. A questo punto entra in campo la storia di una collana pagata cara e rotta immediatamente e rispedita e mai più ritornata. Quella al centro lancia un'idea: "Facciamo due passi?" La capofila dice: "Voi andate pure io rimango perché sono pigra". Urla di consenso - sono tutte pigre. Quella di mezzo si scusa: "L'ho detto così per dire, ma anche io preferisco stare qui sdraiata".

Gli uomini per fortuna sono pallavolisti e verso mezzogiorno, sotto il solleone vanno a farsi una partitina. I movimenti e le urla dei gruppi famigliari sono più complessi, a volte sotto lo stesso ombrellone convivono tre generazioni: nonni, genitori, figli e amici anche loro con prole. Sono tanti e di loro so tutto. Non ci sono freni inibitori, il caldo mette a nudo anime e corpi e dopo poco litigano: litigano i bambini, i genitori si arrabbiano e i nonni alle 11 e 30 vanno a prendere posto per il pranzo, perché non si sa mai, "corriamo il rischio di rimanere senza". Alle 11 e 30 in effetti al ristorante è molto probabile che la cucina abbia terminato il cibo. Perché qui l'unica autentica vocazione che accomuna donne e uomini è il cibo. Vengono al mare, non si schiodano dal lettino e in attesa del cibo, urlano di viaggi, di sport, di lavoro e infine litigano in presa diretta. In questo bagno si mangia sempre. E si mangia bene. Ieri, nelle retroguardie ha preso postazione l'ultima tribù dei figli dei fiori. Belle ragazze bionde con ghirlande nei capelli, giovani ragazzi e bambini sono andati a giocare nell'acqua marina. Dopo poco sono stati raggiunti da un ragazzo che ha urlato loro: "Alzi la mano chi vuole i cappelletti con il ragù, bene, adesso chi vuole i cappelletti con la panna, bene, ora chi vuole le cotolette con le patatine fritte. Bene, tra mezz'ora tutti a tavola". Forse erano figli dei fiori finti.

Quando arrivo in spiaggia verso le 10 diverse persone fanno colazione mentre altre sono in fila per le ordinazioni del pranzo. Dalle 11 e 30 alle 16 si pranza. In queste ore la spiaggia si fa deserta e diventa un'oasi silenziosa. Le cucine, però, continuano a funzionare a tempo pieno perché alle 19 iniziano gli aperitivi e le cene. Sino a mezzanotte. Solo per questa ragione scendono a valle famiglie intere di migranti ferragostani. La forza e la potenza primaria del cibo fa assomigliare le vacanze di ferragosto alle vacanze natalizie. In mezzo a questa moltitudine estroversa vivace e rumorosa, mi muovo come uno di quei bisonti che sostano di fronte alla Basilica di Sant'Apollinare in Classe. Come loro io non c'entro nulla. Sono sola e se urlo mi sparisce la voce, il silenzio mi è necessario. Prima d'immergermi nel mare vorrei leggere o conversare per cinque minuti con Manlio che viene per fare il bagno e velocemente se ne va. Per la grande confusione che mi circonda, non posso né leggere né conversare, così anch'io vado a nuotare. Lì sono quasi sola: grandi spazi liquidi mi accolgono e mi sento una ragazza sospesa tra terra e acqua. Le mie bracciate sono lente e potenti e dopo un'ora abbondante ritorno a riva riappacificata con il mondo intero.

Ma anche il nuoto ultimamente si è complicato perché nelle nostre acque sono arrivate le meduse e dopo essermi scontrata con una di loro ho acquistato una specie di muta più adatta all'andare in bicicletta che all'andare per mare e un paio di occhiali più vicini alla maschera che agli occhialini da nuoto. La simil tuta non la metterò mai invece gli occhiali li uso, ma li uso male perché dopo poche bracciate si appannano e non vedo proprio più niente. Così me li tolgo li ripulisco con la saliva ma non serve a nulla. Mi rovino la nuotata e non ho risolto il problema.

Allora qual è la ragione che mi fa commettere tutte le estati la stesso errore? La ragione sta tutta in questa mia sconsiderata passione per la pineta, per il mare, per le metamorfosi dei tramonti nella valle e per la luna che sorge dal mare. Da qualche giorno, al tramonto, c'è anche un raggio blu che per la sua bellezza e per il suo mistero m'inquieta. In queste visioni ritorna a me il silenzio, così prezioso e sempre più raro. Nella valle, al tramonto, il silenzio non è assenza di suoni: il mio corpo ascolta non rumori superflui ma suoni essenziali. Che cos'è più silenzioso del canto degli uccelli, del fruscio del vento, della risacca marina, della sabbia che canta? Ora chiudo l'iPad mi vesto vado nella valle e poi, anch'io, con Natalia e Guido vado a cena al Bagno Mercurio e lì vedremo la luna che come lama di fuoco ardente incide la notte fonda e illumina l'acqua.

Oggi è il 24 agosto e mentre scrivo nella realtà vicina e lontana accadono fatti che ci sconvolgono. E anche questi eventi colpiscono la mia mente e accompagnano le mie giornate. Sono ferite e la mia scrittura non può ignorarle. I lutti vicini e lontani mi creano disagi dubbi incertezze e un dolore permanente. Non riesco a dividermi, me ne vado per le vie dell'acqua e della terra tutta intera. Non posso rimandare a domani ciò che richiede di essere detto ora. E così, anche se parlo dei ferragostani, voglio almeno accennare al terremoto che, tra Lazio, Umbria e Marche ha causato la morte di centinaia di persone e ha raso al suolo interi paesi. Come ho già scritto per il terremoto dell'Aquila, a volte accade, così, all'improvviso, un urto che tutto scombina. La morte prende il sopravvento e annulla in un sol colpo centinaia di vite. A volte accade che la natura nei suoi assestamenti sotterranei incontri case di sabbia e cemento disarmato. Ciò lascia me, più che viva, superstite. E non dimentico gli accadimenti sanguinosi e tremendi che sconvolgono gran parte del pianeta.

Infine ecco l'argomento, che sembra allontanarsi dalle sciagure umane sopracitate ma siccome rappresenta, come scrive, tra l'altro, Paolo Flores D'Arcais "... la punta dell'iceberg di un'oppressione sessuale che ha i nomi tragici di matrimonio coatto e prima ancora mutilazione sessuale delle bambine, pratiche dalla diffusione enorme che si preferisce ignorare. Raccapriccianti sofferenze che durano tutta la vita... " non posso tacerne la ripugnante disuguaglianza tra i sessi.

Il burkini

Ancora una volta entra nella scena dell'apparire, l'interdetto: il corpo femminile. Il burkini in effetti rappresenta la versione da spiaggia del burka. Ve ne sono di tipi diversi, ma la loro funzione comune è quella di coprire il corpo a sguardi impudichi. Sopra a t-shirt e leggings neri viene indossata la tunica e il velo. Avanzano le stiliste, nascono nuovi modelli come lo sport fit con cuffia aderente, modest fit, con linee più morbide e sun safe per proteggersi dal sole. Ho letto sciocchezze infinite avvolte in ideologie disgustose e così mentre sdraiata nel lettino vedo donne giovani e anziane, grasse e magre, belle e meno belle, passeggiare nel bagnasciuga, nuotare, "prendere il sole" in piena libertà e a proprio agio con i loro costumi interi o con i bikini scrivo nelle retro di copertina del noir che sto leggendo, alcune riflessioni.

In genere donne e uomini vanno in spiaggia per prendere il sole, fare il bagno, camminare, e come ho raccontato prima, in questo periodo anche per fare pranzi deliziosi. Non per pregare. Per pregare c'è la moschea e ci sono le chiese. Possono esserci eventi religiosi, ovunque, anche in riva al mare, ma sono eccezioni. Quegli imam che hanno postato la foto di suore con i loro abiti monacali in spiaggia, come minimo fanno confusione.

Ora con il pensiero mi sposto nelle spiagge di Cannes, dove accanto a donne in bikini vi sono donne musulmane con il burkini, donne che non appartengono a ordini religiosi come le monache. Sono donne come queste che sto guardando ora nella spiaggia di Marina Romea. Alcune di loro sono spose e madri, altre sono single. Allora perché in piena estate, le donne musulmane per scendere in spiaggia devono essere vestite come palombari? È più schiava una donna che va al mare e accetta che il suo corpo non sia visto e così stando al sole muore di caldo e se va in acqua la situazione peggiora, o una donna che decide di rimane all'ombra delle pareti domestiche? Non lo so. Vorrei tanto che i loro uomini che vestono liberamente all'occidentale provassero a indossare, anche loro, sotto il sol leone, un bel burkini. Questa sarebbe un'autentica uguaglianza tra i sessi e non un'oscena imposizione dovuta non a una tradizione condivisa ma al Corano ( ad esempio, sura 2,228, sura 4,) dove "dietro al burkini e in genere dietro a ogni tipo di velatura più o meno ampia c'è l'idea che la donna sia inferiore all'uomo e a lui sottomessa". E in questa visione del mondo non c'è amore, anzi fin dalla sua origine vi è un pensiero maldisposto, una forma di cecità verso l'altra che lascia spazio all'irrompere del male.

Quindi credo non sia giusta la frase più volte letta e ascoltata: "Le donne devono essere libere di indossare ciò che vogliono, burkini compreso". Ecco io qui mi arrabbio moltissimo perché non è più accettabile usare la parola libertà al posto di sottomissione e schiavitù. Siccome c'è da dire tanto altro ancora, io continuo anche se posso passare per un'islamofoba, non me ne importa nulla.