Alla fine degli anni '50, Picasso realizza La Picca, una serie di febbrili e appassionate linoleumgrafie a colori caratterizzate da un dinamismo intenso, vitale ed energetico in grado di assecondare il significato esistenziale dei soggetti interamente dedicati alla corrida. Sperimentatore nato, Picasso non risparmia anche a questa tecnica d’intaglio le proprie modalità spregiudicate e impiega strumenti poco convenzionali per incidere e lavorare la superficie del linoleum, come temperini, coltelli, scalpelli e striglie per cavallo contribuendo al consolidamento di una delle peculiarità di questa pratica: la relazione stretta con la materia insita nell'atto dell'incidere.

Nel linoleum, la superficie trattata accoglie appieno le tracce e i segni della lavorazione e la restituzione di questo vigore ne è una delle caratteristiche principali, a cui vanno aggiunte la sinuosità del disegno, la vocazione al dinamismo compositivo, il ruolo estetico giocato da tutti i segni, compresi quelli di vuoti da asportazione, la possibilità di disegnare con linee bianche. E' proprio quest’ultimo aspetto che segna la specificità di linguaggio della linoleumgrafia e della sua parente più prossima, la xilografia.

Usata per secoli come tecnica di decorazione dei tessuti, la xilografia consiste in un procedimento d’incisione di una superficie di legno, destinata alla stampa a mano o con torchi tipografici e calcografici. Nel XV e XVI secolo l’intaglio su legno diventa il mezzo principale per produrre illustrazioni a corredo di testi e altre produzioni rese possibili dalla diffusione della stampa. Le immagini xilografiche di questo periodo, sono dominate dal segno scuro come se si trattasse di disegni al tratto o a matita, e mostrano, per questo motivo, ancora un forte legame con le tecniche d’incisione su metallo. Inizialmente la xilografia, vive, dunque in funzione della linea nera e solo successivamente la possibilità di “di-segnare” con i bianchi, diventa una delle sue peculiarità.

La svolta avviene verso la fine del XVIII secolo, ad opera dell’inglese Thomas Bewich che utilizza, per la prima volta, tavolette in bosso tagliate di testa (trasversalmente al tronco) lavorabili con il bulino, uno strumento giù in uso nell'incisione su metallo. Il bulino, anche su legno, è in grado di fare segni molto più precisi rispetto ai coltelli impiegati per scalfire il legno di filo (ricavato dal taglio parallelo al tronco) in uso fino a quel momento. Il suo impiego porterà a una maggiore ricchezza di dettaglio e una lavorazione minuziosa del chiaroscuro, ottenuto anche dalla più facile distribuzione di linee bianche accanto a quelle nere. La possibilità di alternare in modo significativo i bianchi e i neri porterà le tecniche ad intaglio a una progressiva riduzione in termini grafici delle immagini.

Sarà il XX secolo a dare alla linea bianca importanza e ruolo anche in chiave espressiva. L'intaglio su legno, infatti, vive, fra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, una stagione di rinnovato interesse da parte di artisti del calibro di Gauguin, Vallotton, Munch, Kirchner e gli espressionisti tedeschi, animati dalla volontà di recuperare pratiche artistico-artigianali oltre che dalla diffusione di un gusto legato all'arte primitiva e della sperimentazione di nuovi linguaggi. In questo clima generale inizia a diffondersi un nuovo materiale da incidere, il linoleum: nato come copertura da pavimento, con il suo impasto di olio di lino, colofonia e sughero, risulta molto più duttile del legno, con una densità omogenea su cui i segni possono andare in tutte le direzioni senza incontrare la resistenza di nodi e vene. Per le sue caratteristiche, il lavoro su linoleum permette un'azione più leggera in grado di restituire segni meno spigolosi e più arrotondati rispetto alla xilo, ma non privi di forza e di efficacia espressiva.

Forse per questo motivo molti artisti del XX secolo, da Matisse agli italiani Viani e Maccari per citarne alcuni, l'hanno tanto amato: la resistenza della materia al loro lavoro, questa fisicità, è impressa su quelle superfici e continua a comunicare emozioni intrise di vita. “Il gusto della materia è primordiale”, diceva Joan Mirò.